Sempre più diffusi e utilizzati, i social media permettono di condividere contenuti come foto, pensieri, opinioni, interessi etc., con la nostra cerchia di amici, con i nostri conoscenti ma in realtà con tutto il web e quindi in qualche modo con la società nel suo insieme.

In un affascinante studio condotto dal New York Times Customer Insight Group emerge che ci sono cinque ragioni principali per le quali le persone decidono di condividere qualcosa con gli altri:

  1. Apportare contenuti interessanti per gli altri.
  2. Aumentare e coltivare le relazioni interpersonali.
  3. Dire la propria e sentirsi coinvolti e integrati.
  4. Supportare delle cause d’interesse personale.
  5. Definire se stessi.

Il 68% degli share, o condivisioni, viene pubblicato per esprimere la propria identità e mostrare agli altri l’immagine che abbiamo di noi stessi.

L’identità, la concezione di sé, non comprende solo le caratteristiche che descrivono come effettivamente siamo, ovvero il sé reale, ma anche il sé ideale, cioè come vorremmo essere. In particolare quest’ultimo riguarda concezioni ipotetiche di sé che dipendono dall’idea di come si vorrebbe diventare, stiamo parlando di quelli che Markus e Nurius definiscono sé possibili, che fungono da guida e incentivo per il comportamento futuro. Quando vogliamo raggiungere un obiettivo importante – per esempio per una persona in sovrappeso, l’obiettivo di perdere 30 kg, che la porterà a vedersi come una persona in forma e in linea – iniziamo a immaginare come sarebbe e come saremmo noi se lo raggiungessimo, iniziamo a costruire un’identità ideale che contempla l’effettivo raggiungimento di quest’obiettivo. Nel momento in cui raggiungiamo il nostro scopo quella che era una descrizione possibile di noi stessi diventa una descrizione reale di come effettivamente siamo.

La rappresentazione idealizzata di noi stessi è proprio quella che tendiamo a condividere sui social media. Una volta che abbiamo creato nella nostra mente una rappresentazione di noi per come vorremmo essere, un possibile sé, condividiamo le informazioni che si adattano a questa rappresentazione, in questo modo iniziamo a concretizzarla e la poniamo come obiettivo. Quando condividiamo in questo modo delle informazioni che ci riguardano, quello che stiamo in realtà condividendo è un senso del nostro sé ideale e di quello che aspiriamo a diventare.

I sé possibili contribuiscono alla fluidità o plasmabilità dell’identità poiché consentono di individuare e in qualche modo programmare i cambiamenti desiderati, ovvero il working self concept , il concetto di sé in via di sviluppo. Nei contenuti che condividiamo in questo senso rientrano: le speranze e le paure individuali, gli obiettivi e le minacce, tutti i pensieri e le emozioni che riguardano questa ridefinizione del concetto di sé.

La condivisione con i propri simili fa parte dei bisogni dell’uomo, in quanto essere sociale e caratterizzato dalla continua interazione. In forme differenti da oggi l’uomo ha sempre condiviso la propria storia, i propri desideri e i propri obiettivi. Internet ci dà oggi la possibilità di ampliare e velocizzare le condivisioni con le cerchie dei nostri conoscenti ma in realtà con la società nel suo insieme.

Come confermano anche i social media è sempre più diffusa la tendenza a usare gli account delle pagine di Facebook, Twitter, Instagram etc., per mostrare il raggiungimento degli obiettivi personali. Condividere i nostri successi pubblicamente può sembrare un modo per sfoggiare le nostre capacità, ma in realtà c’è in gioco molto altro: diversi studi hanno dimostrato che la condivisione pubblica dei progressi e dei successi può effettivamente contribuire a motivare e incentivare la realizzazione degli obiettivi personali.

Le modalità di condivisione sono differenti, per esempio per quanto riguarda il tema della salute e dell’attività fisica, molto diffuso nel contesto attuale, c’è chi pubblica le foto dei piatti dietetici e ipocalorici che prepara, spiegando che non sono difficili da cucinare ma gustosi, c’è chi si scatta selfie mentre fa attività fisica o un selfie al mese e mettendoli insieme in un collage di foto mostra com’è cambiato il suo corpo grazie a alla dieta e alla palestra. Il risultato, che incentiva e motiva nel perseguire l’obiettivo, è il supporto e l’incoraggiamento degli amici, dei conoscenti, dei followers: like, complimenti e richieste di consigli.

In uno studio di ricerca sulla perdita del peso, condotta da Ray Wu, il co-fondatore di Weilos, una piattaforma di social media dove gli utenti possono parlare della loro perdita ponderale, degli obiettivi fitness e condividere selfie del loro progresso, ha evidenziato un andamento migliore nel programma di perdita del peso nelle persone che utilizzavano questa piattaforma condividendo i loro successi. Analogamente in uno studio pubblicato nel 2013 da Gabrielle Turner-McGrievy e Deborah Tate sulla rivista Translational Behavioral Medicine, i partecipanti che hanno pubblicato i loro progressi durante il programma per il calo ponderale su Twitter hanno perso più peso rispetto a quelli che avevano solo l’incentivo di soddisfazione personale rispetto ai successi raggiunti.

Una conferma viene anche dalla storia di  Andrea Devicenzi, atleta para-olimpico nel campo ciclistico che  a 17 anni, in seguito a un incidente stradale, perde una gamba ma continua ad allenarsi, afferma: «Quando non avevo voglia di allenarmi sapere che gli amici mi aspettavano mi dava la carica giusta. Funziona anche se gli amici non sono reali ma virtuali, come i follower di Instagram. A patto, certo, di voler impegnarsi davvero e non solo ottenere like: chi punta solo a quello dura poco».

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Markus H., Nurius, P. (1986). Possible selves.  American Psychologist, Vol 41(9), 954-969.

Psychology of Sharing

Turner-McGrievy G.M. & Tate D.F., (2013). Weight loss social support in 140 characters or less: use of an online social network in a remotely delivered weight loss intervention, Translational Behavioral Medicine, Volume 3, Issue 3, pp 287-294.

 

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