Dolore, angoscia e panico dopo una grave perdita

Caro dottore, le espongo il mio caso. Ho seguito fino alla fine la malattia incurabile di mio fratello che è durata sei anni le speranze prima e la batosta poi così che da quando è morto non mi sono più ripresa, ho crisi di angoscia e panico di continuo basta che un mio familiare mi dica di non stare bene oppure anche io un disturbo e lo collego subito a un male incurabile. Capirà che così non posso andare avanti appena sento la crisi che si presenta con mal di stomaco, paura, voglia di nascondersi, starnuti mal di testa, prendo un Tavor che per un po’ mi stordisce e mi calma ma poi sono daccapo perché anche quando tutto sembra andare bene io penso a quanto durerà. Caro dottore la paura di perdere nuovamente un mio caro non mi fa più vivere e non so che fare. Ho 56 anni sono sposata felicemente da 38 e ho due figlie e tre nipoti che sono la gioia dei miei occhi mi dica che cosa devo fare? P.S. Il medico non considera tutto questo una malattia mi dice che passerà, si ma quando?

Gabriella, Prato

Carissima Gabriella, il suo quesito mi permette di chiarire che di fronte ad eventi avversi di vita o quelli che percepiamo come tali si può reagire indebolendosi o rafforzandosi. Nel primo caso, forse più facile da capire, se si subisce un trauma o uno dei tanti eventi che percepiamo come negativi che la vita ci riserva, tra cui la morte di persone cara, può residuare la paura che l’evento si ripeta o che la prossima volta sarà ancora peggio. Mi pare proprio che sia il suo caso. Nella seconda ipotesi invece ci si rafforza. Come è possibile che un evento avverso possa rafforzarci? Tutto dipende dal fatto che l’elaborazione di quell’evento ci abbia lasciato o meno un apprendimento oppure, ancora meglio, una maturazione. Può anche una malattia grave o la morte stessa farci maturare? Certo che si. Lo dimostra anche un gran fiorire di libri di persone che sono molto migliorate passando dall’esperienza del cancro. Non che sia necessario passare da questa esperienza per diventare migliori, ma molti l‘hanno fatto una volta che si sono ritrovati a battersi contro questa terribile malattia. Esiste una nozione in psicoterapia cognitivista che è la resilienza, che corrisponde al concetto di rafforzarsi in occasione di un evento avverso, elaborando al meglio l’esperienza sul piano emotivo, cognitivo e comportamentale. In parole povere, se vado a cavallo e cado potrebbe residuare in me la paura di rifare l’esperienza e magari decidere di non salirci più su. La persona resiliente invece imparerebbe ad andare a cavallo. Del resto tutto ciò che abbiamo imparato nella vita ha fatto i conti con eventi avversi e così sarà anche in futuro. Abbiamo imparato a camminare cadendo, una lingua facendo strafalcioni o ad amare prendendo anche batoste tremende. Cosa sarebbe stato della nostra vita se ogni volta avessimo abbandonato il campo? Se non riesce da sola, prenda in considerazione di farsi aiutare ad elaborare meglio la sua triste esperienza da uno psicoterapeuta competente. Altro che stordirsi con farmaci e simili.

VERO Salute luglio 2009
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