Donne e pubblicità: la pressione mediatica accelera l’adolescenza

“La pubblicità è femmina perché seduce come una femmina” (Daniela Brancati).

Eppure la donna protagonista degli spot TV è una femmina piuttosto distante da quelle reali e certamente poco veritiera. La donna degli spot italiani e stranieri è decisamente lontana dalla complessità delle figure femminili: è una donna “ad una dimensione”, senza profondità, di cui si vuole esibire il corpo, o alcune sue parti, e nascondere competenze e qualità.

L’uso e l’abuso dell’immagine femminile nella pubblicità, secondo alcuni pubblicitari spagnoli, è la conseguenza di una mancata creatività. L’associazione prodotto – donna – possesso è molto utilizzata negli spot diretti a un pubblico maschile ma anche “in vivo” nelle fiere e nei mercati di automobili e moto: la figura femminile potenzierebbe, con lo stimolo erotico, il desiderio di possesso che verrebbe più facilmente indotto all’acquisto del prodotto.

Lo sfruttamento del corpo della donna, però, può spesso suscitare indifferenza o rifiuto in una parte del pubblico femminile o attivare processi di identificazione. Il pubblico è vittima “dell’effetto esposizione”: le immagini, i volti, i simboli che i media proiettano in modo ricorrente e intrusivo nella quotidianità delle persone, esposizione dopo esposizione, diventano familiari e “le abituano a immagini che alla fine fanno proprie” (Anna Oliverio Ferraris).

L’utilizzo del corpo della donna a fini commerciali è talmente diffuso che non ci si accorge di quanto esso possa essere offensivo nei confronti delle donne e di quanto possa influenzare le bambine. La pressione mediatica accelera la crescita, danneggiando le bambine e spingendole verso un’adolescenza precoce. Queste sono esposte a continui messaggi e immagini che, fungendo da modelli, le incoraggiano a concentrarsi, fin da piccole, sul proprio corpo, sul look e sulla sessualità.

Le bambine rischiano così, di essere private di una fase della vita spensierata, in cui poter vivere in maniera serena il corpo, coltivare interessi, giocare, senza seguire la moda o entrare in competizione con le coetanee su abiti, gadget e calzature. Accelerare la crescita che spinge verso un’adolescenza precoce danneggia le bambine e, poiché tale effetto è ignorato dai pubblicitari, sarà arduo compito dei genitori proteggerle dai troppi (ed errati) messaggi mediatici.

Tratto da: Giornale di Psicologia Contemporanea n.234 – Giunti Editore

Photo credit: Roby Ferrari via Foter.com / CC BY-SA

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