Questione di sguardi, le emozioni agli infrarossi

Il thermal imaging, costituisce uno strumento eccellente per studiare i fondamenti neurobiologici delle interazioni sociali umane e la sua forza si erige sulla natura della misura libera da ogni contatto con il soggetto da “misurare”

Un’équipe multidisciplinare di altissimo livello composta dal professor Vittorio Gallese, celebre neurofisiologo parmense, dalla professoressa Vasudevi Reddy, docente e ricercatrice presso l’Università di Portsmouth (UK) e dal professor Merla dell’Università di Chieti e collaboratori, ha indagato attraverso l’impiego di telecamere a infrarossi l’effetto dello sguardo (diretto e indiretto) in due differenti condizioni di distanza interpersonale: spazio intimo e spazio sociale.

Oggi, con l’imaging termico, si possono studiare in modo quantitativo e funzionale le proprietà termiche del corpo umano e il nostro sistema di controllo termico.

Gli usi biomedici del thermal imaging (termografia medica classica) furono intuiti già alla fine degli anni ’60, ancorché con risultati così scarsi e contraddittori che questa tecnica fu abbandonata negli anni ‘80. Tuttavia, con il declino della termografia classica, emersero una seconda e poi una terza generazione di thermal imaging per scopi prevalentemente militari.

Queste macchine digitali, grazie a micro-sensori speciali, sono assai sensibili, cioè capaci di rilevare, nell’arco di millisecondi, temperature nell’ordine del centesimo di grado e del millesimo di millimetro.

Sono state riscontrate variazioni termiche significative in sei aree facciali in tutte le condizioni, ma i partecipanti hanno riportato maggiori livelli di attivazione nella condizione di sguardo diretto, dimostrando il maggior effetto elicitato dallo sguardo altrui nella risposta psico-fisiologica, indipendentemente dalla distanza e dal contesto.

I ricercatori affermano: “Questi risultati forniscono ulteriori dati empirici su quello che viene definito come il problema delle altre menti proponendo una soluzione in seconda persona: conosciamo le altre menti se vi rispondiamo. E vi rispondiamo con una profondità e intensità maggiore quando siamo emotivamente coinvolti”.

Leggi l’articolo completo, in inglese, su Frontiers

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