Depressione: si nasce o si diventa?

Buongiorno dottore, vorrei riuscire a spiegare bene il mio problema. Da bambina mi sono sempre sentita diverse dalle mie amiche. Loro avevano sempre voglia di ridere e scherzare, ma a me dava fastidio. Mi sono sempre sentita sola, anche se stavo in loro compagnia. Diventai adulta e conobbi il mio attuale marito, un uomo stupendo. Ho sempre avuto problemi di ansia, ma nel periodo del fidanzamento non gli ho mai detto nulla, per paura di perderlo. Ci sposammo e dopo due anni rimasi incinta. Fu una bella gravidanza. Quando nacque il mio bambino ero felicissima, il mio sogno di diventare mamma si era realizzato, ma poi prendendolo in braccio cominciai a pensare a come avrei potuto essere per lui una buona madre. Così ho cominciato a sentirmi male, sudavo, mi mancava il respiro, mi sembrava di impazzire. Mio marito mi portò al Pronto Soccorso e il medico disse che era stato un attacco di panico. Mi diede degli ansiolitici, ma io continuavo s stare male. Andai allora da una psichiatra la quale mi disse che soffrivo di depressione bipolare ansiosa. Da allora non ho mai smesso di prendere psicofarmaci. Poi mio figlio è cresciuto ed è diventato papà. In questo lasso di tempo io ho sempre continuato a stare male. Mi prendevo cura io della mia nipotina, con l’aiuto di mia madre e di mio marito. La mia famiglia con me è straordinaria, mi sta vicino e mi supporta. Anche mia nuora, con la quale ho un bellissimo rapporto. Vorrei un suo parere. Di depressione si nasce (visto che io ero una bambina infelice) o si diventa? Dimenticavo: ho 48 anni. La ringrazio anticipatamente, con una sua cortese risposta.

Anonima

Gent.ma signora, la domanda fondamentale che pone riguarda il fatto se si nasce o si diventa depressi. In un articolo da me scritto e pubblicato su Vero settimanale ho già avuto modo di esprimermi al riguardo e riporto di seguito uno stralcio: “La genetica in ambito psichiatrico sta chiarendo che esistono dei cromosomi su alcuni geni che rendono più probabile l’insorgenza della depressione. Questo non vuol dire affatto che i fattori ambientali ed esperienziali non abbiano a loro volta una grande influenza, ma che esiste una vulnerabilità geneticamente determinata, che però solo i fattori ambientali ed esperienziali associati alla capacità di elaborarli nel modo migliore faranno si che insorga o meno un disturbo depressivo. Sono ereditabili perciò dei fattori di rischio, non la certezza che questi rischi si traducano in realtà”. Al proposito riporto ancora il rischio connesso alla familiarità secondo il DSM IV, manuale psichiatrico universalmente utilizzato a livello internazionale: “Il Disturbo Depressivo Maggiore è 1,5-3 volte più comune tra i familiari di primo grado di individui con questo disturbo che nella popolazione generale. Vi sono dati a sostegno di un rischio aumentato di Dipendenza Alcoolica nei familiari biologici di primo grado, e può esservi un’incidenza aumentata di Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività nei figli di adulti con questo disturbo”. Circa la diagnosi da lei riportata di depressione bipolare ansiosa le aggiungo un altro stralcio del mio articolo sulla depressione: “Molti psichiatri sono convinti che esista la depressione bipolare, o malattia maniaco-depressiva come si chiamava un tempo e non la forma esclusivamente depressiva o unipolare. La maniacalità è l’opposto della depressione ma, a dispetto della sensazione di grande benessere soggettivo, rappresenta una delle condizioni più difficili da curare in ambito psichiatrico. Esiste una forma più attenuata (ipomaniacalità) a cui spesso segue l’episodio depressivo”. Per concludere vorrei ribadire che i progressi in ambito psichiatrico sono tali, nell’attualità, di curare con discreto successo i disturbi da lei lamentati.

Cordiali saluti.

VERO Salute marzo 2010
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