Gli uomini pensano di più al sesso rispetto alle donne?

È idea comunemente diffusa che gli uomini pensino più spesso al sesso rispetto alle donne. In realtà il fenomeno è più complesso, lo spiegano alcuni studi di Psicologia Evoluzionista o EvolutionaryPsychology.

Secondo la Teoria di Gestione dell’Errore (Haselton & Buss, 2000) mediante un processo di selezione naturale, per ridurre al minimo l’errore nella percezione della disponibilità sessuale del partner, si è strutturato un meccanismo automatico di risposta che si attiva in situazioni dove è presente incertezza, per assicurare un comportamento così importante per il mantenimento della specie, ovvero il comportamento sessuale. In alcuni casi, però, questo meccanismo può portare a una vera e propria distorsione nella valutazione dell’interesse sessuale di un possibile partner.

Il Dr.Bedixen del Dipartimento di Psicologia della Norwegian University of Science and Technology, ha condotto uno studio coinvolgendo 308 studenti universitari, di età compresa tra i 18 e i 30 anni. È stato chiesto loro di rispondere ad alcune domande sui comportamenti sessuali, l’attrazione e l’interazione con l’altro sesso.

Le donne hanno riferito in molti più casi rispetto agli uomini, che i possibili partner dell’altro sesso valutavano erroneamente il loro interesse sessuale, interpretando male i loro segnali, gli autori parlano proprio di overperception ovvero esagerata percezione del segnale comunicativo.

La tendenza che gli uomini hanno riportato nel vedere nel comportamento della possibile partner un’indicazione di interesse e coinvolgimento sessuale non sembra quindi legata a una generale tendenza a pensare frequentemente al sesso, ma è legata a uno specifico pattern legato all’evoluzione della nostra specie. Oltre al genere sessuale, i fattori associati ad una maggiore iper-percezione sessuale rispetto all’ipo-percezione sono: l’essere single, giovane e la propensione ad accettare i rapporti sessuali casuali.

“Anche se questi processi non sono consapevoli, nell’esperienza quotidiana possiamo ancora vederne il risultato”, afferma Bedixen.

Leggi l’articolo, in inglese, pubblicato su PubMed

 

Photo credit: je@n via Foter.com / CC BY
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