Essere spesso in uno stato ansioso e affrontare le cose con quel sottofondo di apprensione che le rende più difficili di quel che sono, è una situazione piuttosto comune dell’uomo moderno. Colpa dello stile di vita, del lavoro, della qualità delle relazioni. In pratica viviamo un po’ tutti con ritmi innaturali e, in molti casi, si arriva o si superano situazioni al limite. «L’ansia patologica e soprattutto l’angoscia, la cui etimologia latina richiama concetti quali il sentirsi soffocare », spiega il dottor Ascanio Vaccaro, psichiatra di Milano, «è connotata da varie sensazioni che si fanno percepire come spiacevoli fra cui la tensione muscolare e in generale lo stato d’allarme corporeo, la preoccupazione, la sensazione che le cose possano sfuggire di mano, la difficoltà spesso di trovare una soluzione immediata e, nel caso di esposizione prolungata, il senso di frustrazione e perfino la disperazione». Tuttavia la paura e l’ansia sono emozioni presenti in natura sia nell’uomo che nell’animale, come risposta ad uno stress di natura minacciosa (paura), oppure come sistema d’allarme con la funzione di anticipare la percezione di un’eventuale pericolo prima ancora che quest’ultimo sia chiaramente sopraggiunto (ansia), mettendo in moto specifiche risposte fisiologiche che preparano l’organismo alla lotta o alla fuga.

Ci protegge dalle minacce esterne
Questa caratteristica di essere in grado di anticipare ed eventualmente evitare un possibile pericolo si ritrova soltanto negli esseri umani e negli animali superiori. Favorisce la conoscenza del mondo circostante e un migliore adattamento ad esso. «È per questo motivo che tutti noi abbiamo provato e proviamo ansia e, allo stesso tempo, siamo capaci di comprendere facilmente l’ansia degli altri e di immedesimarci nel loro stato d’animo», tranquillizza l’esperto. L’ansia è insomma un’emozione fondamentale e del tutto spontanea, costantemente presente, che ha la funzione di proteggerci dalle minacce esterne preparandoci all’azione e contemporaneamente motivandoci all’interazione con il mondo circostante.

Esiste quella positiva…
L’ansia ha altre funzioni fondamentali oltre a quella sopraccitata. «Essa ci consente di impegnarci nei compiti che svolgiamo quotidianamente, anche in quelle attività che non svolgiamo con interesse, ma che dobbiamo portare a termine», puntualizza il dottor Vaccaro. Studiare per un esame poco interessante, per esempio, diverrebbe pressoché impossibile se non vi fosse una spinta sottostante di ansia da prestazione. Anche svolgere il proprio lavoro quotidianamente con impegno non sarebbe sempre possibile senza lo stimolo, in questo caso positivo, dell’ansia. Queste forme dell’ansia sono costruttive, ovvero risultano funzionali alla nostra sopravvivenza e possono contribuire in modo significativo a migliorare la qualità della vita. Fungono da canale di comunicazione tra il mondo esterno e il nostro mondo psichico interno, rendendoci capaci di far fronte ai problemi della vita e di adoperarci per migliorare il nostro adattamento all’ambiente. Sono dunque fattori di crescita e sviluppo della personalità che forniscono stimoli e motivazione all’evoluzione dell’individuo (ontogenesi) e della specie (filogenesi).

… e quella negativa…
Tuttavia può accadere che non siamo capaci di dare una risposta efficace in una situazione di pericolo, oppure che lo stato d’allarme non corrisponda ad un pericolo reale da fronteggiare ed eliminare. In tal caso l’ansia si trasforma da risposta del tutto naturale e adattiva a uno stato di sproporzionata o irrealistica preoccupazione, fino a configurarsi come un vero e proprio disturbo psichico, perdendo la funzione di stimolo alla crescita e maturazione per diventare piuttosto un elemento di disgregazione della psiche e persino della personalità. «È così che l’ansia perde la sua funzione adattiva tesa a favorire un rapporto evolutivo con l’ambiente, generando al contrario disadattamento e sofferenza», puntualizza il dottor Vaccaro.

Terapia
La cura delle crisi d’ansia o dei veri e propri disturbi clinici d’ansia si avvale sia della psicoterapia che della farmacoterapia. La psicoterapia più efficace ad oggi è quella cognitiva e comportamentale che consiste in un lavoro psicologico su pensieri, emozioni e comportamenti disfunzionali. Anche le reazioni d’allarme del corpo o lo stato di ipereccitamento dello stesso sono passibili di interventi efficaci. Sotto il profilo cognitivo ciò che conta ai fini dell’insorgenza dell’ansia è la percezione o sensazione di uno stato di pericolo. La natura della minaccia o del pericolo può essere reale, immaginaria, fantasmatica, simbolica, relazionale ecc. Ciò che conta ai fini dell’insorgenza dell’allarme è sentirsi in pericolo, non esserlo. Ciò che lo può far passare è la coscienza della non consistenza sul piano di realtà della minaccia, dell’esagerazione della stessa e della dissociazione dallo stimolo a cui erroneamente era stato associato. Una delle ansie più comuni riguarda il giudizio vero o, più spesso, presunto degli altri. Molte persone si fanno grandemente influenzare dal giudizio, temendolo in modo esagerato, fino a vivere ben al di sotto del proprio potenziale. Una buona psicoterapia di stampo cognitivista può restituire il potenziale e la realizzazione dello stesso. Sul piano dei comportamenti disfunzionali, che possono essere corretti con idonea psicoterapia, vanno segnalati gli evitamenti e le forme di protezione quali affidare la propria sicurezza alla presenza di una persona amica. Per quanto riguarda la farmacoterapia, attualmente esiste una vasta gamma di psicofarmaci che consentono sempre di risolvere la crisi e di ridurre la tensione ansiosa persistente che spesso si prolunga oltre la crisi stessa. «Sarebbe raccomandabile che la prescrizione di questi farmaci avvenisse a cura di medici specialisti, soprattutto se per lunghi periodi di tempo», spiega il dottor Vaccaro. «Purtroppo invece l’uso degli ansiolitici, si presta facilmente all’abuso o ad un uso improprio. Sono farmaci molto efficaci e con scarsissimi effetti collaterali. Proprio per questo se ne fa un uso scorretto fino a indurre dipendenza, con tanto di assuefazione e sindrome d’astinenza in caso di brusca interruzione. Molto spesso risultano efficaci anche nei disturbi d’ansia farmaci classificati come antidepressivi. A differenza degli ansiolitici però, difficilmente generano dipendenza e funzionano sia per curare che per prevenire molti disturbi d’ansia, associati o meno alla depressione. Se la psicofarmacoterapia è sicuramente efficace, sicuramente lo è anche la psicoterapia. La differenza è che i farmaci non insegnano nulla, mentre la psicoterapia è spesso in grado di consegnare per sempre insegnamenti utili per tutta la vita. Quando i disturbi sono particolarmente gravi, la loro integrazione dà spesso i risultati migliori». «Prima si interviene e meglio è», conclude il dottor Vaccaro, «I risultati dimostrano che, in disturbi come questi, la collaborazione tra il medico di base e gli specialisti psichiatri e psicoterapeuti (medici e psicologi) è fondamentale per guarire». In fondo i disturbi d’ansia li possiamo considerare come figli di questo tempo, di questa età moderna, così complessa, così frenetica, così amante delle magiche soluzioni, a volte così difficile da vivere.

Gli attacchi di panico sono disturbi d’ansia molto frequenti (in Italia il numero delle persone colpite oscilla tra 1,5 e 3,5% ossia tra 600.000 e circa 2 milioni). Hanno un inizio improvviso, inaspettato, “a ciel sereno”. Sopraggiungono in assenza di cause apparenti o scatenanti, raggiungono l’apice in pochi minuti (10 o meno) e possono durare fino a un massimo di mezz’ora. Colpiscono le donne da 2 a 3 volte più degli uomini. Vi sono due picchi nel corso della vita, il primo nella tarda adolescenza e il secondo intorno ai 35 anni. «Il termine panico deriva dal dio greco Pan (Bacco per i romani)», sottolinea il dottor Vaccaro, «Si trattava di un dio terribile che irrompeva all’improvviso nella quiete campestre violentando vergini fanciulle, uccidendo uomini e seminando il terrore intorno a sé». L’attacco di panico consiste in uno stato di intensissima paura o disagio, accompagnato da 4 o più dei seguenti sintomi:

  1. palpitazioni, cardiopalmo, o tachicardia
  2. sudorazione
  3. tremori fini o a grandi scosse
  4. dispnea o sensazione di soffocamento
  5. sensazione di asfissia
  6. dolore o fastidio al petto
  7. nausea o disturbi addominali
  8. sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento
  9. derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sé stessi)
  10. paura di perdere il controllo o di impazzire
  11. paura di morire
  12. parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
  13. brividi o vampate di calore.

Molto spesso il disturbo di panico si complica con l’agorafobia ossia l’esagerata paura ed evitamento di situazioni e luoghi affollati da cui sarebbe difficile o impossibile allontanarsi o ricevere soccorso (essere in mezzo alla folla, in coda, sopra un ponte, viaggiare in auto o in autobus, in metropolitana, in aereo o in treno, cinema, ristoranti, supermercati soprattutto se affollati). Chi soffre di queste crisi cerca di evitare quelle situazioni nelle quali teme che gli attacchi si scatenino e tende a isolarsi, a ridurre l’attività, a restare in situazioni protette e conosciute proprio per paura del panico. «Se il primo attacco di panico arriva come un fulmine a ciel sereno», evidenzia il dottor Vaccaro, «quelli che seguono possono essere preceduti da un elevato stato d’ansia anticipatoria legata agli attacchi precedenti. Vi sono inoltre attacchi di panico causati da stimoli o fattori scatenanti». Tutte le persone che soffrono di disturbi d’ansia sono colpiti anche da attacchi di panico? «In realtà no», specifica l’esperto, «gli attacchi di panico sono solo uno dei disturbi d’ansia. Tra gli altri ricordiamo le fobie, l’ansia generalizzata, il disturbo acuto e post-traumatico da stress, il disturbo ossessivo compulsivo ecc. Tutti possono essere interessati ed in particolare chi vive relazioni difficili in ambito familiare, sociale o lavorativo». «Dal panico si guarisce anche spontaneamente», conclude il dottor Vaccaro, «ma non è infrequente avere nuovi episodi anche a distanza di anni. L’agorafobia che spesso si associa può cronicizzare per via delle strategie di evitamento emesse. Dagli attacchi di panico, con o senza agorafobia si guarisce bene e in modo completo sia con la psicofarmacoterapia, sia con la psicoterapia».

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VERO Salute
Photo credit: sa0irse via Foter.com / CC BY-ND
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