Egregio Dottore, sono una signora di 34 anni, mi chiamo Rita. Sono mamma di 5 figli. La più grande di sedici anni, la più piccola di due. Le scrivo perché non so più dove appigliarmi. Inizio dalla mia nascita. Sono stata adottata che avevo appena pochi mesi. All’età di diciotto anni mio padre adottivo muore improvvisamente d’infarto. Nello stesso anno mio cognato muore folgorato dall’alta tensione. Un anno dopo (nel 1993) mi sposo perché era già tutto programmato e pochi mesi dopo nasce prematuramente mia figlia, che rimane in osservazione in ospedale. Nel frattempo, nel ’95, nasce la seconda figlia e nel ’98 il terzo. Fin qui sono sempre stata bene. Nel 2001 inizio però a non stare bene, ho il fiato corto, ho dei battiti accelerati, ma il medico di base mi prescrive degli ansiolitici che sembrano placare il mio stato, fino a che un giorno il battito accelerato non mi fa svenire. Allora faccio una visita del cardiologo che mi fa un ecocardiogramma e un Holter 24 ore. Ne viene fuori che ho extrasistole e dei battiti oltre i 100. Allora decidono di darmi dei Betabloccanti, i quali mi fanno bene da una parte, ma mi fanno svenire per la pressione bassa. Giro mezzo mondo (Foggia, S. Giovanni Rotondo, Monza, Alessandria, Milano), perché il mio cuore andava a 250 battiti al minuto. Per il cuore adesso sto meglio, ma adesso è iniziata la depressione, perché mia suocera pensava che le mie condizioni fossero soltanto delle scuse. Ho dunque iniziato a non stare bene, ho avuto attacchi di panico, piangevo e avevo paura di far male ai miei figli (non l’ho mai fatto veramente). Così mi sono separata. Le scrivo perché sono sotto terapia da una psichiatra e prendo 5 gocce di En al mattino e Zipexa da 5 mg la sera. Ma la paura c’è sempre, soprattutto se sono sola, ho paura di dire qualcosa di brutto, di uscire da sola, sto bene solo quando sono con il mio nuovo compagno. A volte mi capita di fare tanti sogni, di essere in un’altra dimensione. Deve sapere che dopo la morte di mio padre ho portato io i soldi a casa. Vorrei ora sapere cortesemente da lei:
1) Se c’è qualcosa di diverso dai medicinali, se questo accade perché nel cervello c’è qualcosa di disconnesso, se questo disturbo che si chiama psicosi è responsabile della mia malattia.
2) Devo fare ulteriori esami?
Sono disposta anche a venire da lei, per incontrarla e per parlare del mio problema. Cordiali saluti.
Rita, Termoli
Cara sig.ra Rita, la storia che lei racconta è molto triste e sfortunata. Nonostante ciò sembra che se la sia cavata abbastanza bene, almeno fino ad un certo punto. Il problema è che i dati che dà sono in parte incongruenti e in parte insufficienti. Per quel che si può ricostruire lei soffrirebbe di: Attacchi di Panico, Depressione e ad un certo punto di Psicosi (quale?). La terapia con Zyprexa sembra avvalorare la psicosi, ma il dosaggio sembrerebbe piuttosto mirato a controllare alcuni sintomi di tipo ossessivo e compulsivo. Per poterle dare una risposta corretta occorre quindi che mi fornisca informazioni ulteriori e più specifiche quali le diagnosi fatte dagli psichiatri che ha visto finora e tutte le terapie fin qui praticate. Nel cervello probabilmente non vi è nulla di disconnesso però è necessario approfondire il suo caso e stabilire la più idonea terapia sia farmacologica che psicoterapica (se necessario). Sarò lieto di essere più esauriente se sarò messo nella condizione di poterlo fare.
Cari saluti.