Ci si può ammalare giocando? Sembra un controsenso, ma è proprio così. La campagna di sensibilizzazione sociale sui rischi del gioco d’azzardo patologico ha influito positivamente sulla percezione comune che il gioco può rappresentare un fenomeno di rischio sociale e sanitario. Per ciò che riguarda la salute occorre distinguere tra chi gioca in modo adeguato (tipicamente per un periodo di tempo breve, con perdite accettabili e in un certo senso calcolate), sono questi i cosiddetti giocatori occasionali, e coloro che manifestano nel gioco la perdita di controllo sulla condotta, diventando patologici per l’appunto.

Per questo tipo di soggetti trova applicazione la categoria diagnostica di “Gioco d’Azzardo Patologico” (GAP), malattia mentale che rientra tra i disturbi del controllo degli impulsi (APA, 2000). Coloro che ne soffrono divengono progressivamente incapaci di smettere di giocare; i tentativi di controllare o ridurre l’attività di gioco falliscono. In più, l’impegno, il tempo e il denaro spesi nel gioco tendono ad aumentare. A ciò possono associarsi disturbi dell’umore, abuso di sostanze, ideazione suicidaria, tentativi di suicidio. Il decorso è generalmente cronico.

Le terapie per il Gioco d’Azzardo Patologico esistono. Tuttavia, solo il 10% dei giocatori in difficoltà richiede un intervento specifico; molto spesso il giocatore d’azzardo giunge alla richiesta d’aiuto per tentare di risolvere i problemi che scaturiscono secondariamente alle perdite economiche, e non perché desideroso di smettere di giocare o perché cosciente di essersi ammalato.    

La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) ha dimostrato di essere utile nel gestire il desiderio di giocare e nel prevenire le ricadute. In molti casi oggetti di studio, per mezzo della Ristrutturazione Cognitiva e spesso sfruttando le potenzialità del cosiddetto “thinking-aloud-method”, i terapeuti hanno cercato di aiutare i pazienti a realizzare che le loro verbalizzazioni legate al gioco appartengono alla categoria dei pensieri disfunzionali. I giocatori patologici mostrano di intrattenere un rapporto particolare con la “sorte”: il loro pensiero risulta determinato da pregiudizi che condizionano pesantemente la valutazione della realtà, aumentando la probabilità che il comportamento dannoso venga ripetuto.

Quelle che seguono sono le distorsioni cognitive che tipicamente affliggono il pensiero del Giocatore d’Azzardo Patologico:

Gambler’s fallacy: quando un evento generato dal caso devia dalla media, l’evento opposto viene giudicato più probabile (ad es. “se per 4 volte è uscito il nero, allora è più probabile che esca il rosso”);

Overconfidence: gli individui esprimono una aumentata fiducia nelle proprie capacità che non è giustificata da dati reali (ad es. ritenersi più bravi di altri nell’indovinare i numeri, nel capire i meccanismi sottesi al gioco, nell’implementazione di strategie di gioco efficaci).

Trends in number picking (Tendenze nei numeri): vengono individuate tendenze e “leggi relativamente a distribuzioni casuali (errore tipico di chi pensa che i numeri “ritardatari” abbiano più probabilità di essere estratti, oppure che un numero appena estratto non sia probabile nelle estrazioni successive).

Illusory correlations (Correlazioni illusorie): si rileva quando due eventi appartenenti a differenti domini della realtà vengono giudicati interdipendenti se si presentano in concomitanza (ad es. comprare un gratta e vinci fortunato e continuare a recarsi sempre nello stesso bar per acquistarne altri). É anche alla base dei comportamenti ritualistici e scaramantici.

Avaliablity of other wins (Vincite altrui): un errore logico che distorce in maniera piuttosto diretta la stima delle probabilità si presenta quando venire a conoscenza delle vincite realizzate dagli altri (tramite mass media o esperienze più o meno dirette) fornisce la convinzione (credenza) che “vincere” sia un evento che capita regolarmente e che “per vincere basta continuare a giocare”.

Inherent memory bias ( Pregiudizi inerenti la memoria): questo pregiudizio interpretativo permette ai giocatori di far riferimento (inconsapevolmente) più spesso alle proprie esperienze positive di gioco piuttosto che a quelle negative (dimenticate), facilitando la decisione di mantenere il proprio comportamento.

(Liberamente tratto da Kahneman & Tversky, 1974)

L’importanza della correzione di tali distorsioni cognitive quale componente essenziale per il trattamento del Gioco d’Azzardo Patologico è stata dimostrata (Fortune & Goodie, 2011). In uno studio in particolare, dopo 6-8 settimane di trattamento venne rilevato che circa l’80% dei partecipanti alle sedute che comprendevano la ristrutturazione cognitiva non presentava più il disturbo secondo i criteri del DSM-IV. Gli effetti positivi vennero mantenuti anche nei 12 mesi successivi (Calbring, Smith, 2008).

Infine, va tenuto in debita considerazione che il giocatore patologico spesso presenta altri disturbi psichici in comorbidità quali depressione, ansia, forti sentimenti di impotenza e abuso di sostanze. L’approccio terapeutico che finora ha dato risultati soddisfacenti si fonda, oltre che sulla TCC, sulle terapie relazional-sistemiche, le terapie farmacologiche mirate e personalizzate, sull’attivazione di una rete di sostegno attorno al paziente, come i gruppi di auto-aiuto (es. Giocatori Anonimi).

Leggi la prima parte dell’approfondimento sul Gioco d’azzardo patologico

Fonte:  il giornale delle scienze psicologiche

 

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