Le cellule nervose e il risk taking

Alcuni ricercatori della Stanford University, in California, hanno individuato un gruppo di cellule nervose che gioca un ruolo fondamentale nella propensione all’assunzione del rischio o risk taking. Questa scoperta potrebbe essere decisiva nella comprensione di alcuni comportamenti umani, come la dipendenza da gioco d’azzardo o la dipendenza da sostanze, dove l’assunzione del rischio è un elemento centrale.

In un recentissimo studio Karl Deisseroth e colleghi hanno analizzato il comportamento dei ratti, offrendo agli animali due opzioni attraverso due leve: spingendone una il ratto otteneva sempre una ricompensa di medie dimensioni, sotto forma di zucchero; spingendo l’altra leva il ratto otteneva una ricompensa variabile, alcune volte molto grande altre volte molto piccola.

I ricercatori hanno potuto osservare che non tutti gli animali rispondono allo stesso modo, ogni singolo animale aveva un orientamento più o meno accentuato verso il risk taking. Nello specifico, dopo aver scelto la leva rischiosa e aver ricevuto la ricompensa più piccola, gli animali con una propensione cauta verso l’assunzione di rischi sceglievano poi stabilmente la leva sicura, mentre quelli maggiormente propensi all’assunzione di rischi continuavano a preferire la leva incerta, che poteva però dare loro una ricompensa maggiore.

Analizzando il cervello di questi animali, è stata individuata un’area celebrare, chiamata nucleus accumbens coinvolta nella propensione al risk taking. I neuroni di questa regione producono proteine sensibili alla dopamina, un importante neurotrasmettitore coinvolto nel sistema della ricompensa. Nei ratti con comportamento più cauto si riscontra una maggiore attivazione dei neuroni nel nucleus accumbens.

In un altro studio, condotto da Nick Hollon e Paul Phillips, è stato riscontrato che, stimolando i neuroni durante il momento della decisione relativa a quale leva premere, anche i ratti più propensi all’assunzione del rischio mettevano in atto un comportamento più prudente, scegliendo la leva sicura.

Questi risultati sembrano essere validi e confermati anche rispetto al funzionamento della mente umana, atri studi saranno necessari per confermare questa ipotesi.

Gli articoli citati, in inglese, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.

Photo credit: darkday. via Foter.com / CC BY

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here