“Problem Solving” è un’espressione inglese che significa soluzione dei problemi. Si tratta di un processo mentale grazie al quale, quando ci troviamo di fronte a un problema, esaminiamo la situazione e facciamo ipotesi su come risolverla o su quale sia la strada migliore da percorrere.

È una cosa che l’uomo ha sempre fatto per la sua stessa sopravvivenza, dall’invenzione della ruota al controllo del fuoco o ai primi sistemi per coltivare la terra. Col tempo questa attività è stata studiata per mettere a punto vere e proprie tecniche per la risoluzione dei problemi più disparati, da quelli scientifici (matematici, informatici ecc.) a quelli economici, sino a quelli emotivi e relazionali.

Un’altra libera definizione di Problem Solving può essere anche: l’arte di risolvere i problemi, siano essi di natura personale, interpersonale o delle organizzazioni (aziende, enti, comunità) mediante l’utilizzo di tattiche e tecniche, con la massima efficacia (soluzione del problema) ed efficienza (tempo e sforzi impiegati).

Non si riferisce alla capacità di una persona di risolvere situazioni riguardanti una materia specifica della quale è esperto, ma l’abilità in genere di trovare soluzioni in qualsiasi ambito, inoltre il Problem Solving prima che risolvere problemi, permette ad un gruppo di lavorare in modo omogeneo.

Nell’ambito psichiatrico, pazienti con disabilità psichiche traggono grande beneficio da procedure strutturate che seguono gerarchie logiche come il Problem Solving, l’acquisizione di tali procedure agisce come motore di crescita nel funzionamento psico-sociale.

Tali pazienti sono abitualmente meno abili delle persone sane nel fornire soluzioni ai problemi e nel valutare l’efficacia (logica deduttiva), pertanto l’insegnamento delle procedure di Problem Solving contribuisce a rimediare a questi deficit. Il Problem Solving è una delle più importanti tra le funzioni esecutive tipiche della corteccia pre-frontale del cervello.

Il Problem Solving classico segue la cosiddetta logica del “pensiero verticale” ovvero si basa sulla programmazione lineare e prevede l’applicazione di schemi di ragionamento rigorosi e consolidati, supportati da esperienze passate,  esso è caratterizzato da un modo di procedere sistematico e sequenziale, in cui le varie fasi si susseguono logicamente fino al raggiungimento della soluzione.

Nella forma più “classica” il Problem Solving presentava le seguenti fasi:

  • riconoscimento di un problema
  • analisi
  • formulazione di ipotesi di soluzione
  • scelta della soluzione
  • verifica del risultato (Goldfried-Zurilla ‘70)

I vantaggi di questa sequenza sono:

  1. consapevolezza del contenuto dei problemi
  2. capacità di identificazione e descrizione
  3. automatica elaborazione dell’informazione
  4. riconoscimento di strategie alternative ed efficaci
  5. previsione delle conseguenze in base al comportamento emesso
  6. condivisione della soluzione tra più persone (es. operatori, familiari e utenti)
  7. minore conflittualità e incongruenze in un gruppo

Un’altra sequenza a fasi del Problem Solving classico è quello di Brenner e coll. i quali propongono la soluzione dei problemi interpersonali come ultimo sottoprogramma del loro programma terapeutico e riabilitativo, consistente in sette fasi che devono essere proposte in sequenza:

  1. identificazione del problema
  2. descrizione del problema
  3. formulazione delle soluzioni alternative
  4. valutazione delle soluzioni alternative
  5. scelta della soluzione migliore
  6. applicazione della soluzione scelta
  7. valutazione dei risultati

Obiettivi:

  • incoraggiare un atteggiamento mentale che anticipa e tiene in considerazione le conseguenze di una soluzione
  • aumentare le probabilità di un comportamento volto alla soluzione di problemi reali
  • migliorare la capacità di identificare un problema
  • sviluppare un atteggiamento razionale verso i problemi
  • sviluppare un atteggiamento verso i problemi orientato alla soluzione

Un aspetto importante di tali gruppi di Problem Solving, non è tanto risolvere un singolo problema, quanto imparare una procedura che faciliti il processo di come impostare e risolvere i problemi in genere.

Una fase molto importante nel processo di Problem Solving è quello che viene definito Il “Brain Storming” (tempesta di idee) che consta di due fasi:

  1. Fase Divergente: dopo aver definito il problema da affrontare, i partecipanti producono idee senza alcun limite e vincolo, associando le proprie proposte a quelle degli altri, con la massima libertà di pensiero.
  2. Fase Convergente: si selezionano e si valutano le idee per scegliere quelle più vantaggiose e realizzabili; è un momento in cui predomina la prospettiva analitica e critica; l’esperienza e le conoscenze tecniche assumono un ruolo chiave.

Il Problem Solving può essere utilizzato non solo in ambito psichiatrico e psicologico ma anche in economia o in ambito aziendale; esso inoltre si rivela molto efficace anche per migliorare la nostra vita in ambito personale (Problem Solving relazionale). Capita infatti che, in situazioni di malessere, ci arrovelliamo in pensieri negativi, ci perdiamo d’animo, ci sentiamo meno lucidi, come avvolti nella nebbia. La nostra quotidianità è spesso caratterizzata dalla presenza di problemi a cui cerchiamo di dare una soluzione e gran parte delle nostre energie le dedichiamo proprio a questo processo. Ci sono problemi facilmente risolvibili, per cui basta un’attenta riflessione di qualche minuto o poco tempo, per capire facilmente il modo in cui porvi rimedio, ma altre volte i problemi sono più complessi e le nostre energie, le nostre capacità e le nostre emozioni non riescono a farvi fronte e ci si sente di conseguenza bloccati e inermi, non sapendo da che punto partire per poterlo risolvere. Parliamo di problema quando ciò che stiamo facendo, le nostre azioni abituali, o le nostre conoscenze non sono sufficienti a raggiungere i nostri obiettivi; da ciò ne risulta uno stato di disagio e l’identificazione di ostacoli nel nostro cammino. Un problema è un implicito invito al cambiamento. (Pietro Spagnulo – Psichiatra Psicoterapeuta) Un problema è strettamente connesso con alcuni concetti chiave che lo caratterizzano:

  • obiettivo: è una meta, uno stato che ci prefiggiamo di raggiungere;
  • ostacolo: è l’impedimento o insieme di impedimenti che non ci permette di raggiungere il nostro obiettivo, spesso lo si confonde con il problema stesso, in realtà l’ostacolo va superato o aggirato o altre volte utilizzato per risolvere il problema;
  • soluzione: è l’insieme delle nostre azioni, comportamenti e pensieri che ci permette di risolvere il problema e raggiungere il nostro obiettivo.

Cosa può esserci quindi di aiuto? Sicuramente migliorare le nostre abilità di Problem Solving ovvero l’insieme delle nostre capacità e strategie che consentono una migliore risoluzione dei problemi e che focalizzandosi molto sull’intero processo del problema, permettono di generare soluzioni creative e realistiche.

Il Problem Solving, oltre ad essere definito come abilità, è diventato anche una vera e propria tecnica, utilizzata e sperimentata moltissimo in psicologia, tanto che oggi trova tanta applicazione anche in psicoterapia, nella consulenza psicologica, nella psicoeducazione e in ambito aziendale.

Anche se sembrerebbe scontato, non ci soffermiamo quasi mai a pensare che il disagio che proviamo scaturisce da un problema che una volta individuato è possibile risolvere.

Per capire meglio facciamo un esempio di tipo relazionale da risolvere con il Problem Solving: Riccardo è un atleta che gareggia a livello agonistico. Da molto tempo si sente stressato e fa fatica a dormire la notte, il giorno è stanco e irrequieto. Litiga con la fidanzata, le sue prestazioni agonistiche peggiorano. Per mesi non ha voluto dare peso a questo disagio e la qualità della sua vita è peggiorata. Riccardo non è felice. Poi un giorno riflette e pensa che non vuole vivere così, che se sta male un motivo ci deve essere, e vuole capire qual è.

  1. Presa di coscienza. Rendersi conto che il nostro disagio nasconde un problema è il primo “fondamentale” passo per affrontarlo e risolverlo.
  2. Identificazione. Il secondo passo è quello dell’identificazione, cioè trovare, nella confusione dei pensieri e delle emozioni, qual è il problema principale, quello dal quale derivano gli altri. Non è facile al primo sguardo, le problematiche sembrano essere infinite.

Il problema di Riccardo è l’insonnia? La stanchezza? O la stanchezza deriva dall’insonnia? Magari è la fidanzata che “gli dà pensieri” e allora non riesce a dormire la notte?

La fase dell’identificazione di un problema, è complessa ed è importante non abbattersi e analizzare il più possibile ogni sfaccettatura. Possiamo pensare (ancor meglio scrivere) ogni cosa che ci fa soffrire, e in merito a ognuna porci alcune domande:

  • Cosa voglio veramente ottenere? Cosa mi impedisce di ottenerlo?
  • Se domattina mi svegliassi e d’un tratto il problema non esistesse più, come mi sentirei?
  • Come impiegherei la mia giornata? Come mi descriverei? Cosa mi mancherebbe?

Mentre ci immedesimiamo dobbiamo fare attenzione alle nostre sensazioni, in questo modo riusciamo a capire se ciò che ci sembra essere un problema, effettivamente lo è oppure nasconde qualcos’altro.

Nel caso del nostro atleta – “passati al setaccio” tutti gli aspetti difficoltosi della sua vita si capisce che il problema non è certo l’insonnia. L’insonnia è una conseguenza da cui derivavano la stanchezza e l’irrequietezza. Queste lo portano a essere meno tollerante con la fidanzata.

Ma se lei non ci fosse? La sofferenza sarebbe insopportabile, non riesce a immaginarsi senza di lei.

Qual è dunque il vero problema?

Riccardo capisce che ciò che gli crea disagio è gareggiare: ha seguito la carriera sportiva per volere dei genitori e, per non deludere le loro aspettative, l’ha portata avanti. Non ha avuto il coraggio di dirgli che quel tipo di vita non fa per lui.

Immaginare la sua vita senza allenamenti e gare lo alleggerisce mentalmente, si descrive sereno, immagina i week end non sul campo a competere, ma a passeggiare felice con la sua ragazza.

Ora il vero problema è decidere se (e come) dire ai genitori che ha intenzione di abbandonare la carriera sportiva. 

  1. Riflessione. Una volta identificato il vero problema è il momento di riflettere su tutte le soluzioni plausibili (terzo passo). Anche in questo caso vanno valutate le ipotesi e analizzate tutte le possibilità. Nelle relazioni, spesso non si tratta di valutare quali sono le soluzioni più efficaci, quanto di rielaborare i propri pensieri, atteggiamenti interiori e modi di vivere le esperienze.

Questo richiede moltissimo impegno.

Riuscirà Riccardo a trovare un modo che lo faccia sentire bene con se stesso e allo stesso tempo non deludere i genitori? Riuscirà a parlargli, affrontare e accettare una loro possibile delusione? Cosa deve cambiare di sé nel caso decida di affrontare (o non affrontare) la situazione?

  1. Azione. Una volta deciso il come, il quarto passo è agire.

Nel nostro caso Riccardo può affrontare direttamente i genitori e dire loro come si sente, cosa desidera e cosa lo rende veramente felice.

In alternativa può ridefinire il proprio modo di vivere l’allenamento (una volta che è chiaro qual è il problema che si vive, diventa più semplice gestirlo) e contemporaneamente crearsi altri spazi di gratificazione.

Le soluzioni nei problemi relazionali sono complesse, ma fattibili. A volte ci si riesce da soli, altre volte ci si rivolge a psicoterapeuti esperti che – con la loro esperienza e professionalità – sanno come guidare bene la persona affinché riesca a fare chiarezza, a trovare il modo di attuare le soluzioni rimanendo “fedele a se stesso”, ad accettare quei cambiamenti necessari a vivere la propria vita in modo più sereno.

Cosa può favorire oppure ostacolare il Problem Solving?

Sicuramente alcune capacità personali possono favorire le abilità di Problem Solving, come per esempio:

  • una buona autostima, ovvero la valutazione positiva che abbiamo di noi stessi;
  • una buona percezione di autoefficacia così come è stata definita da Bandura, psicologo comportamentista,ossia credere nelle proprie capacità operative applicate per esempio nel campo del lavoro, studio, attività sportive ecc ecc;
  • una buona gestione delle emozioni, che possono a volte ostacolare e offuscare la corretta soluzione del problema.

Queste caratteristiche personali possono favorire molto la motivazione alla risoluzione di problemi.

Elementi che invece possono ostacolare il processo di Problem Solving sono per esempio:

  • certe convinzioni personali, come pensare e credere che il problema sia irrisolvibile;
  • un’interferenza emotiva,che se molto forte incide negativamente sulla visione del problema;
  • alcune influenze negative dell’ambiente, come per esempio un atteggiamento di disappunto di un genitore verso nuove modalità di approccio ai problemi, che ostacola la messa in atto di nuove soluzioni;
  • la rigidità cognitiva, cioè l’incapacità di cambiare prospettiva e pensiero rispetto al problema.

 

Photo credit: Celestine Chua via Foter.com / CC BY

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