Il 29 aprile 2016, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano sono state discusse le tesine del Master di I livello in Interventi educativi e riabilitativi assistiti con gli animali IAA in presenza del Prof. Ascanio G. Vaccaro, della Prof.ssa Antonella Artuso e della Prof.ssa Maria Teresa Cairo, titolare del Master.

Pubblichiamo la tesi di Master di Ludovica Minin intitolata Riabilitazione Equestre: una solida tecnica nell’ambito della disabilità psichica.


Università Cattolica del Sacro Cuore Sede di Milano

Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione

Master I livello in: Interventi Assistiti e Riabilitativi con gli Animali (IAA)

Senza-titolo-1“Riabilitazione Equestre: una solida tecnica nell’ambito della disabilità psichica”


Relatore: Ch.mo Prof. Ascanio G. VACCARO

 

Tesi di Master di: Ludovica Minin

Matricola n: 4413842

 

ANNO ACCADEMICO 2015-2016

 

Sommario

Bibliografia p.3

Introduzione p.4

I. Terapia riabilitativa con il cavallo p.8

I.1 Riabilitazione equestre: concetti generali p.9

I.2 La riabilitazione equestre scientifica p.10

II. Benefici dell’equitazione terapeutica pre-sportiva e 15

III. Esperienza di riabilitazione equestre………………………..p.16

IV. Applicazioni della riabilitazione equestre……………………p.18

Conclusione…………………………………………………………………p.23

Bibliografia

  1. Vaccaro A.G., (2011), “Libertà, Autonomia, Indipendenza”, Franco Angeli, Milano
  2. Bedin A.G., (a cura di), (2008), “I linguaggi per la disabilità”, Giunti O.S., Firenze
  3. Lomascolo T. , Vaccaro A.G., Villa S. (a cura di), (2003) “Autismo: modelli applicativi nei servizi”, Vannini, Gussago

 

Introduzione

Lo scopo del presente elaborato è evidenziare che la RE (riabilitazione equestre) non rappresenta solo uno svago, ma possiede una sua intrinseca finalità: offrire ai pazienti una terapia ed un intervento riabilitativo.

La riabilitazione equestre si riferisce ad un’applicazione che fa uso del cavallo per produrre un recupero funzionale e globale di soggetti disabili o con difficoltà, sia fisiche che psichiche. Con nessun altro animale, l’uomo ha strutturato un rapporto più intensamente emotivo, affettivo e di condivisione esistenziale e simbolica come con il “proprio cavallo” che viene considerato uno dei migliori amici. Il cavallo ha accompagnato l’uomo per secoli nelle sue battaglie, nelle sue conquiste, non in forma passiva, ma con coraggio, caparbietà, costanza, sicurezza, mansuetudine, sensibilità, tolleranza, semplicità, umiltà e soprattutto una spiccata intelligenza.

Ad esso sono state legate qualità quasi umane e caratteristiche dichiaratamente psicologiche. Proprio per questo il cavallo è stato scelto anche per attivare una applicazione terapeutica nella quale ha dimostrato doti specifiche e rilevanti:

  • comunicare un’affinità  con  il  cavaliere  e  dimostrare  la  capacità  di  attivare un approccio differente a seconda della persona che lo cavalca e, soprattutto, se quest’ultima è debole ed insicura, come appunto succede con i bambini e i disabili
  • accettare con tranquillità e con una spiccata sensibilità le necessità e le limitazioni dei pazienti anche quando i comandi non sono del tutto adeguati
  • rispettare il bambino che gli sta in groppa ed evitare, quasi con intelligenza, situazioni di pericolosità, anche se questo può risultare fastidioso per lui se non addirittura molesto
  • esprimere il proprio stato d’animo, le proprie opposizioni e rifiuti, ma sempre con tolleranza e responsabilità
  • dimostrare curiosità e partecipazione attentiva, provocando le stesse risposte anche nei cavalieri

Queste doti caratteristiche sono state sufficienti per giustificare per il cavallo la qualifica di valido terapeuta o co-terapeuta in un’attività tanto complessa come è quella del trattamento rieducativo e riabilitativo dei disabili.

Le prime applicazioni nell’ambito terapeutico hanno assunto una spiccata qualità ludico-ricreativa, anche perché i bambini ed i ragazzi scoprono un particolare piacere nel cavalcare e provano sentimenti di superiorità guardando dall’alto in basso. Il fatto che andare a cavallo servisse per tranquillizzare ha attirato l’attenzione portando alla nascita della RE che è stata usata, sin dai tempi di Ippocrate, nelle crisi isteriche, in quelle di ansia e di eccitazione psicomotoria. Il cavallo è stato inoltre utilizzato per stimolare il coraggio e la volontà.

Si è cominciato a considerare come le sollecitazioni neuro-muscolari cambino secondo l’andatura dell’animale che, passando dal passo, al trotto e al galoppo, determini influenze variabili sia in  quantità che in qualità sulla struttura neuro-muscolare del cavaliere.

Nel 1930 il medico Max Senatur nel suo scritto “Il valore salutare dell’equitazione” ha messo l’accento sull’importanza del “dosaggio della riabilitazione equestre”, equiparandolo a quello normale dei farmaci o delle tisane.

Il cavalcare rinforza le potenzialità motorie e stimola le facoltà intellettive quali: attenzione, memoria e concentrazione; richiede stabilità emotiva e dell’umore; obbliga ad un comportamento tranquillo ed, infine, potenzia la volontà di stabilire una relazione positiva con il cavallo. Questo, seppure docile, tollerante e “addestrato”, è pur sempre un animale  che non tollera comportamenti strani e gesti incoerenti, non viene a compromessi come invece fanno i caregivers.

Tutte queste osservazioni hanno influito nel tentativo di organizzare su basi precise e scientifiche il lavoro del terapista che interviene ogni qualvolta sia necessario mediare e favorire la canalizzazione delle pulsioni aggressive del paziente o diminuirne il livello dell’ansia e della tensione. Si è andata strutturando il concetto di riabilitazione equestre che viene riferita al recupero di funzioni che possono risultare menomate o distorte e che, quindi, non assolvono il loro compito.

L’approccio con le difficoltà ha portato a coniare il termine di “disabilità” che viene riferito  a qualsiasi restrizione o carenza funzionale conseguente a menomazioni specifiche o al loro mancato sviluppo.

Vi sono diversi tipi di disabilità:

  • sensoriale (che coinvolge le possibilità di integrazione con la realtà esterna)
  • percettiva e rappresentazionale (che interessa il rapporto con la realtà interna)
  • emotiva (che considera le risposte istintive ed automatiche)
  • adattivo-affettiva (che riguarda il mondo dei valori)
  • espressivo-comunicativa
  • motoria e psicomotoria
  • cognitiva (relativa alle funzioni psichiche superiori o mentali)

Nell’ambito psichico l’ ICD10 (International Classification of Diseases), classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), riferisce le disabilità a diverse aree che riguardano:

  • strutturazione del sé
  • autovalorizzazione e autoriconoscimento
  • apprendimento
  • comportamento
  • integrazione sociale

Ogni disabilità può essere riferita ad un problematica tipo:

  • genetico
  • congenito
  • acquisito

Inoltre la disabiità o il deficit può essere:

  • permanente o transitoria
  • irreversibile o reversibile
  • ridubile, stazionaria o progressiva
  • capace di agire sulla crescita o di indurre regressioni

Le considerazioni sulle menomazioni funzionali hanno portato anche ad evidenziare lo stato di “handicap”(svantaggio) per indicare quando una o più disabilità interferiscono con l’inserimento e l’integrazione sociale. Questi possono riguardare:

  • il mondo delle relazioni
  • il mondo dell’educazione
  • il mondo della socializzazione
  • il mondo della cultura

e possono portare a:

  • svalorizzazione e pauperizzazione individuale
  • isolamento sociale
  • emarginazione

e anche indurre conseguenze:

  • culturali
  • ambientali
  • economiche
  • relazionali

Tenendo conto di queste considerazioni, la Riabilitazione Equestre può essere strutturata in diversi modi:

  • individuali
  • sociali
  • relazionali
  • comportamentali

La RE interessa sia:

  • il sistema soggettivo: percettivo, rappresentativo, affettivo, cognitivo
  • il sistema relazionale in cui il soggetto è inscritto (aspetti di crescita personale e sociale, aspetti di miglioramento della qualità della vita, aspetti adattativi)

La Riabilitazione può risultare:

  • parziale: che riguarda aspetti funzionali specifici o particolari
  • globale: che interessa lo sviluppo armonico e integrato della persona
  • olistica: che tiene conto specificamente delle qualità del soggetto

Per riassumere la RE è una tecnica riabilitativa che tende al superamento dei deficit ma anche alla rieducazione, mirando al superamento dell’attitudine negativa determinata dall’approccio personale alla disabilità o all’handicap.

I. Terapia riabilitativa con il cavallo

I profondi cambiamenti nell’attitudine verso la RE, che ha acquisito sempre più autorevolezza nel tempo, ha portato la stessa nell’impianto teorico-pratico per affrontare la disabilità psico-mentale e anche a interessare l’ambito medico-sanitario e quello riabilitativo-assistenziale.

Questo ha portato a valorizzare il concetto relativo alla centralità della persona e si è via via organizzato un “sistema uomo” che riguarda:

  • l’osservazione e l’analisi dei bisogni
  • l’organizzazione dell’uso delle risorse
  • il rispetto dell’individuo e delle pari opportunità
  • il diritto al lavoro, alla salute, al recupero funzionale ed ad una vita degna

In questo quadro innovativo, anche il mondo sanitario ed assistenziale ha trovato spinte per adeguare la propria azione verso la prevenzione, il recupero, il reinserimento sociale ed il miglioramento della qualità della vita. La terapia riabilitativa è il frutto di questi cambiamenti e ha condotto allo sviluppo di studi teorici e  applicazioni pratiche. In questo nuovo sistema culturale e sociale, si inserisce dunque la RE che possiede le caratteristiche per proporsi come intervento globale per ridurre le situazioni di svantaggio fisico, psichico e sociale.

La riabilitazione equestre utilizza un approccio globale e olistico per l’attivazione e la mobilizzazione delle qualità adattive del Sé che ritrova il cammino dello sviluppo e della riorganizzazione omeostatica delle emozioni, degli affetti e delle qualità cognitivo-intellettive.

L’approccio dello specialista con il disabile è oggi strutturato nel rispetto delle pari opportunità, nella dimensione etica del miglior risultato nel più breve tempo possibile, oltre che indirizzato complessivamente su direttrici:

  • terapeutiche: stimolare la crescita del personale e l’acquisizione dei pre-requisiti indispensabili per l’integrazione e l’inserimento sociale e che richiedono un’integrazione armonica e dinamica tra le emozioni, le pulsioni gli affetti e le capacità intellettive-cognitive.
  • riabilitative: indurre o ripristinare le capacità funzionali utili e necessarie per organizzare i sistemi adattativi e o equilibrativi, necessari nella relazione con gli oggetti della realtà. Il significato della “ri-abilitazione” non si riferisce solo al recuperare le funzionalità perdute, ma anche ad acquisire una modificazione delle proprie abilità per renderle più atte all’obiettivo. Proprio per questo la riabilitazione si riferisce alla disabilità che non è mancanza ma diversità, inadeguatezza e differenza.
  • educative: ridare al paziente la gioia di vivere che si fondamenta nell’autosoddisfazione, ma anche ne senso di sé e nell’autovalorizzazione e nell’integrazione sociale, intesa come elemento fondante della persona e della sua “umanizzazione”.
  • Riabilitazione equestre: concetti generali

La riabilitazione equestre (in inglese “Therapeutic Riding”, da cui la sigla TR) è un insieme di interventi sostenuti da concettualizzazioni teoriche importanti e da attività organizzate attorno all’uso del cavallo e possiede le tre seguenti finalità: terapeutico-riabilitative, educativo-formative e socio-educative.

Lo scopo di tali attività è di indurre il superamento del disagio e di promuovere l’inserimento e l’integrazione sociale.

La RE non è un semplice “andare a cavallo”, ma una vera e propria terapia, nella quale:

  • si utilizza il setting terapeutico, rappresentato dal maneggio, per mantenere un grado di ritualizzazione. Il setting terapeutico è accentuato dal punto di vista strutturale per dare un senso preciso all’accoglimento, all’incontro e alla “consegna” del paziente dal genitore alla terapista, acquistando importanti valori simbolici
  • si mantiene un’atmosfera di allegria e di incontro armonioso dove il paziente percepisce l’obiettivo terapeutico-educativo-formativo dovendo accettare delle regole al fine di far crescere le sue potenzialità e di correggere posture ed atteggiamenti dannosi o devianti
  • il bambino accetta gli atteggiamenti riparatori dimostrando non solo di adeguarsi ma anche di partecipare attivamente al recupero delle funzioni e allo sviluppo di personalità e di capacità
  • il disabile, che a terra mostra tante difficoltà, sul cavallo percepisce una diversa immagine di sé, più valida, imponente, positiva innescando un processo di autovalorizzazione che si traduce in una nuova presa di coscienza
  • l’immagine simbolica del cavallo è fondamentale per dare slancio e desiderio di fare equitazione
  • i disabili non imparano ad “andare a cavallo”, ma a sviluppare un’attività equestre che comporta: il saper stare sulla sella con stile (quello all’inglese cioè con le due mani sulle redini), il poter affrontare tutte le situazioni provocate da reazioni improvvise del cavallo e il rispettare gli ordini

La RE è un’attività particolarmente attiva che comporta scelte, attenzione, volontà, rispetto dell’animale, degli altri cavalieri, del “setting”. Permette di sviluppare affetto verso il  proprio “compagno” e, soprattutto, indipendenza ed autodeterminazione. Inizialmente, invece, la RE era “passiva” poiché si pensava che fosse solo il movimento del cavallo a produrre benefici. La terapista ha il compito di osservare attentamente le evoluzioni e l’impegno motorio del paziente per poter guidare il disabile a raggiungere molteplici obiettivi:

  • far crescere la capacità di orientamento spaziale e temporale
  • acquisire coordinazione oculo-mororia
  • rinforzare i muscoli del tronco e del collo
  • sviluppare le strutture muscolari di cosce e gambe
  • saper partecipare ad evoluzioni, in gruppo, che richiedono attenzione, precisione ed un grande rispetto delle regole perché movimenti incontrollati possono mettere a repentaglio l’incolumità dei partecipanti al lavoro

Da queste osservazioni si evince che la RE è un intervento di riabilitazione globale, che spinge il soggetto disabile a non fissarsi sulle proprie limitazioni, ma a credere nelle reali possibilità di crescere e di trovare un proprio ruolo.

Le terapiste spesso fanno partecipare i ragazzi alla preparazione dei cavalli: mettere la sella, collocare i finimenti, pulirli e spazzolarli. Questo compito serve a sviluppare ancor più quel vincolo affettivo che lega il disabile al proprio cavallo. Il piano di lavoro è sempre spiegato ai pazienti, così che acquistino una chiara visione degli obiettivi e dei risultati e non si limitino a considerare la successione di tale attività.

Dopo le prime sedute nelle quali il cavallo è tenuto da un ausiliario, i disabili imparano ad andare in autonomia e, quindi, a guidare, rappresentando un grande passo in avanti perché implica un enorme aumento del senso di autovalorizzazione, sulla base della scoperta di capacità, efficienza e precisione nei rapporti con il cavallo.

Le sedute di RE solitamente hanno cadenza settimanale della durata di circa mezz’ora, ma possono estendersi al massimo di un’ora, anche con cadenza bisettimanale. E’ opportuno sottolineare che la terapia equestre è molto intensa e stancante motivo per il quale anche la sola cadenza settimanale è sufficiente ed efficace.

I.2 La riabilitazione equestre scientifica

Lo sviluppo della RE è legato all’impegno degli operatori-terapeuti ad approfondire gli studi e a dare alla tecnica una impronta decisamente scientifica.

Sono state strutturate linee-guida per:

  • l’inserimento in accordo con la diagnosi funzionale e l’osservazione clinica
  • la programmazione, strutturata sulle necessità percepite del paziente, i suoi deficit e i meccanismi mentali che supportano i deficit psico-affettivi
  • l’esecuzione di un programma che può utilizzare diversi tipi di applicazioni (riabilitazione equestre, pet-therapy, lavoro a terra, presport e, per ultimo, la pratica equestre)
  • la valutazione dei risultati, utilizzando checklist studiate ad hoc e che permettono di monitorare continuamente i progressi e le necessità specifiche di ogni caso

Questo approccio ha permesso di inserire la RE in programmi terapeutico  riabilitativi globali (che tengono conto delle varie necessità funzionali) ed olistici (tagliati sulla persona, sulla sua unicità e specificità). L’integrazione multidisciplinare in precisi programmi di intervento ha portato la RE scientifica ad essere considerata indispensabile per affrontare quadri di disabilità particolarmente gravi.

Le osservazioni cliniche hanno dimostrato come la RE, se diretta e pianificata da professionisti esperti e specializzati, può essere di valido aiuto non solo per agire facendo migliorare quadri di disordine psico-motorio, ma anche quando siano compromesse le funzioni emotivo-affettive e cognitive.

La RE scientifica serve dunque:

  • per ridurre le tensioni emotive e quegli stati di emotività libera che inducono blocchi o disarmonie nelle capacità superiori
  • per attivare uno sviluppo armonico delle dinamiche affettive che, rispondendo alla qualità della relazione ed alla primazia dei valori, donano equilibrio di altruismo, di generosità, di rispetto e di aiuto reciproci
  • per raggiungere un adeguato sviluppo cognitivo e delle capacità analiticodeduttive, del problem-solving, della pianificazione dell’agire in funzione non solo del qui ed ora, ma anche delle programmazioni per il futuro

Da tutto questo, si possono desumere anche gli aspetti pedagogico-formativi affrontabili con la RE scientifica che partecipa all’educazione strutturante ed alla mediazione educativa proprio perché il ruolo del cavallo, mediato dal ruolo del terapista (psico-terapeuta e psico- pedagogista), aiuta il soggetto disabile ad affrontare ed a risolvere i suoi fantasmi, oltre che le sue debolezze.

L’approccio alla RE fondato sui principi della “timologia” (scienza degli affetti e dei valori) tiene conto anche di un’educazione dei valori che si evidenzia non tanto come programma per insegnare, quanto come intervento capace di dare spessore e significato ad un linguaggio che induce “visibilità” e porta ad una “iscrizione”.

Questa pratica terapeutico-riabilitativa interessa diverse aree:

  • Sviluppo e potenziamento muscolare: l’utilizzo del cavallo porta a sviluppare la muscolatura assiale (tronco e collo) con notevoli miglioramenti dell’equilibrio statico e dinamico, della stazione eretta, dei movimenti del tronco ed anche delle gambe e delle braccia. I progressi nella coordinazione motoria permettono la crescita e lo sviluppo, abbandonati in precedenza con l’instaurarsi della “malattia”. Va sottolineato che nell’autismo, il “terrore di distruggere il mondo” (dimensione pantoclastica), blocca sia la spinta alle relazioni, determinando l’isolamento, sia l’iniziativa psicomotoria, così da indurre limitazioni che si traducono anche in ipotrofie muscolari ed in deformazioni osteo-articolari.
  • Orientamento spaziale: muoversi nelle quattro direzioni e raggiungere determinati punti che costituiscono uno schema geometrico, compiere linee rette, curve o sinusoidali, stimolando l’equilibrio, inducono una presa di coscienza di uno spostamento nello spazio e di un orientamento spazio-temporale. Questo dimensionamento acquista  valore  di  orientamento ed equilibrio psichico poiché stimola molteplici valenze cognitive ed anche affettive, relative alla volontà, alla tenacia, all’attenzione ed al rispetto degli ordini.
  • Abilità visuo-spaziali semplici e complesse: il cavalcare è un vero equilibrio di coordinamenti dal momento che, accanto a quello del corpo per mantenere il tronco eretto e adeguatamente flessibile per permettere l’equilibrio dinamico, c’è anche quello che riguarda le gambe e le braccia. Il controllo oculare della posizione degli arti, dei piedi e delle mani nel loro rapporto con le redini, le staffe, il cavallo, lo spazio è un vero equilibrio di coordinamenti sensoriali e muscolari. La percezione di queste dinamiche porta ad un tale arricchimento emotivo e cognitivo che, per la necessità di essere continuamente modificate ed adeguate alla situazione, risultano importantissime per lo sviluppo della coscienza di Sé e per la scoperta delle proprie potenzialità, capacità e determinazione.
  • Integrazione relazionale: il timore iniziale induce una particolare concentrazione ed attenzione che risultano centrate sulla relazione. Il triangolo soggetto-terapista – cavallo subisce un aumento dell’entropia legata a tendenze fusionali (spinta ad abbracciare il cavallo e/o la terapista come farebbe con la madre reale), all’emozione piacevole del dondolio provocato dai movimenti del cavallo, al muoversi in una situazione di relativo silenzio, poiché si cammina sul terreno soffice del maneggio. Attenzione, volontà, contrasto, desiderio, sorpresa sono tutte funzioni che stimolano ed arricchiscono l’esperienza e vengono utilizzate dalla terapista per modulare e controllare il “momento terapeutico”.
  • Aumento dei canali comunicativi e relazionali: superate le logiche risposte di tensione e d’ansia, i pazienti attivano modelli comunicativi verbali e non verbali (in caso di mancato sviluppo del linguaggio verbale) che sono serviti a trasmettere un profondo senso di soddisfazione e di partecipazione attiva.La Re serve da stimolo per superare sensi d’inferiorità e d’inadeguatezza anche quando questi erano mimetizzati da espressioni di trasposizione. Paradigmatico il caso di ospiti abbandonano i propri oggetti tradizionali che permettevano loro di dare forma ad un falso sé tanto valorizzato da essere utilizzato praticamente in continuazione.La soddisfazione personale e l’auto-gratificazione attivano le espressioni tipiche ed i pazienti dimostrano la loro soddisfazione con ampi sorrisi e aumentando il desiderio di comunicare agli operatori le proprie esperienze.Il pensiero, organizzato sulla relazione e sulle funzioni affettive, porta ad attivare le valenze volitive, stimolando un attaccamento agli operatori, al setting, al cavallo, alle attività (pressoché inesistente la percentuale di pazienti che si rifiutano di lavorare).
  • Inserimento nell’attività individuale e di gruppo: l’organizzazione della RE tiene conto delle necessità di arrivare ad un attivo lavoro di gruppo per stimolare le spinte alla socializzazione attraverso la visibilità, l’organizzazione spazio-temporale, il rispetto delle regole, il senso regolatore dell’integrazione in attività nelle quali predomina il rispetto delle norme, dei tempi d’esecuzione, delle priorità e dell’organizzazione temporo-spaziale. Anche il lavoro in gruppo è importante per sviluppare il senso del rispetto dei tempi e delle reattività degli altri che sono la base per il feedback, l’interazione, la reciprocità e, quindi, l’accettazione di tutte le dinamiche affettivi-relazionali.
  • Sviluppo del problem solving: la capacità di affrontare con spirito positivo, attivo e creativo la realtà del mondo circostante è una funzione fondamentale nell’organizzazione del senso di valere e di essere adeguati ai compiti ed alle funzioni. La RE è estremamente utile in questo ambito perché l’attività della guida richiede attenzione concatenazione dei movimenti, coordinazione oculo- manuale, ma soprattutto uno spiccato senso di potere. I ragazzi disabili tendono ad una vita passiva, simbiotica e di dipendenza, per cui rompere  la catena della disabilità affettiva induce a credere in se stessi, ai propri obiettivi di cambiamento e, soprattutto, una volontà di assumere le proprie responsabilità ed il proprio destino. Nella RE il problem solving è presente ad ogni curva: in continuazione il cavaliere deve prendere delle decisioni, deve scegliere e, quindi, deve mettersi in gioco, affrontare il giudizio proprio e dei terapisti.
  • Migliorare la capacità dell’uso degli attrezzi: nella RE gli strumenti attrezzi non sono molti, ma bisogna impararne la denominazione esatta, l’uso preciso e consono. In questa pratica è necessario un continuo sforzo mnesico che attiva le funzioni cognitive ed intellettive.
  • Migliorare le coordinazioni di base per riorganizzare la conoscenza dello schema corporeo: la RE stimola queste funzioni inserendole anche in un’organizzazione spazio-temporale che include: il sé, il cavallo, la terapista e l’ambito del maneggio. Le esperienze percettive legate ai movimenti del cavallo si integrano con i comandi e le raccomandazioni della terapista.I benefici effetti che con l’applicazione della RE possono essere ottenuti per superare e migliorare disturbi sia fisici che psichici vengono riferiti, fin dai tempi di Ippocrate, al movimento: quello del cavallo é ondulatorio e si sviluppa nelle tre dimensioni dello spazio (avanti e indietro; dx – sinistra; alto e basso), producendo effetti positivi sul corpo ed anche sulla psiche del cavaliere. Quello della persona che cavalca, non solo per le oscillazioni passive indotte, ma anche per quelle attive sue proprie che agiscono sulla distensione della colonna vertebrale e che sollecitano il sistema circolatorio. Però, vista come intervento riabilitativo, la RE richiede alcune precisazioni o puntualizzazioni.

La RE è utilizzata per curare diversi tipi di disordini che possono essere di natura bio-fisica (distrofia muscolare, sclerosi multipla, spina bifida, epilessia, ritardo mentale, paralisi cerebrale, microcefalia, esiti di traumi cerebrali, esiti di accidenti cerebro-vascolari, alterazioni cerebellari e del corpo calloso) o di natura psico-genetica (sindrome di Down, sindrome del X-fragile, autismo di Kanner, autismo di Asperger o di alto funzionamento, disordini o ritardi dello sviluppo psico-mentale, crisi ansiose paranoiche dissociative).

II. Benefici dell’equitazione terapeutica pre-sportiva e sportiva

I benefici raggiungibili tramite l’attività di RE possono essere categorizzati come momenti di benessere e di miglioramento della qualità di vita. Questi si organizzano attorno a sentimenti come: piacere e soddisfazione, gioia di vivere, comprensione e rispetto della persona e dei suoi diritti.

Non si tratta, quindi, di un “insegnamento” di tecnica equestre, ma di utilizzare il cavallo come strumento o mezzo per promuovere lo sviluppo attraverso:

  • attivare emozioni e sentimenti
  • stimolare il valore del Sé e dell’Altro
  • organizzare un sistema rappresentazionale condiviso
  • stimolare e sviluppare le capacità cognitivo-intellettive :riorganizzare i processi dello sviluppo psico-affettivo e psico-cognitivo; permettere la formattazione del Sé che risente di influenze genetiche e strutturali, congenite e familiari e acquisite attraverso le percezioni, le rappresentazioni, la valorizzazione affettiva, l’arricchimento immaginativo e l’organizzazione simbolica
  • Per analizzare i benefici indotti dall’attività di RE sono distinte diverse aree:
  • Area emotivo-affettiva (autostima, autocontrollo, autosoddisfazione, fiducia di sé, percezione sensoriale, percezione affettiva, percezione dello schema corporeo)

Area emotivo-affettiva (autostima, autocontrollo, autosoddisfazione, fiducia di sé, percezione sensoriale, percezione affettiva, percezione dello schema corporeo)

Area cognitivo-intellettiva (controllo delle risposte riflesse, organizzazione di previsioni, adeguamento psico-fisico, adeguamento alla situazione, concentrazione sul compito, attenzione, tenuta, memoria)

Area comunicazione – linguaggio (comunicazione verbale, comunicazione non verbale e gestuale, vocabolario, linguaggio nell’aspetto della competenza, linguaggio nell’aspetto dell’intenzionalità)

Area psicomotoria (equilibrio, sviluppo muscolare, coordinazione occhio-mano, riflessi muscolari, rilassamento muscolare, riduzione di movimenti anomali, controllo delle stereotipie, stato fisico generale, orientamento spazio-temporale)

Area apprendimento (nuove tecniche di equitazione, cura del cavallo, uso degli attrezzi, montare senza sella, conoscenza dei finimenti, condurre al passo, al trotto e al galoppo, imparare a conoscere le idiosincrasie del cavallo e anticiparne le reazioni.

Area socializzazione (inter-relazione con i terapisti, inter-relazione con i compagni, amore per l’animale, condividere ed aumentare le esperienze, partecipare al “club”.

III. Esperienza di riabilitazione equestre

La RE va considerata come un intervento riabilitativo e complementare a seconda delle applicazioni e delle modalità di esecuzione. Non va dimenticato che il cavallo trasmette al cavaliere 110 impulsi al minuto, in una serie di oscillazioni nelle tre dimensioni dello spazio (antero-posteriore, laterale destra e sinistra, elevazione e discesa, oltre che nella rotazione) che richiedono continui, precisi, sequenziali ed attenti coordinamenti muscoloarticolari. Queste osservazioni fanno dedurre che non c’è un solo muscolo né nessuna parte del corpo che non vengano sollecitati dalla RE.

La cadenza ritmica costante del procedere del cavallo dà al paziente una dimensione ideale che può essere variata aumentando o diminuendo la velocità, cambiando l’andare al passo, al trotto o al galoppo, modificando la postura del cavaliere sulla sella che può essere disposta guardando avanti, di lato, indietro attraverso torsioni o anche cambiando la posizione dello stare seduti. A volte, rispettando le esigenze, il paziente viene fatto sdraiare sul cavallo in linea trasversale o antero-posteriore, oppure gli si fanno eseguire movimenti più o meno complessi restando seduti o in piedi sulla groppa.

L’avvio di ogni programma di RE non richiede di particolari attenzioni o impegno. Le prime difficoltà d’adattamento risultano veramente poco significative anche se va sottolineata la professionalità e l’esperienza dei terapisti impegnati e dei cavalli (che ricevono sempre un’adeguata preparazione per ogni attività) che si dimostrano sempre preparati ad affrontare ogni tipo di necessità e/o di difficoltà.

Si osservano nei pazienti che hanno seguito un percorso di RE comuni dinamiche: l’abbandono di idiosincrasie negative, di atteggiamenti ripetitivi, di organizzazioni mentali improntate a falso sé; la scoperta di proprie potenzialità recondite, grazie all’integrazione con la realtà e con gli altri pazienti. Tra le osservazioni più ricorrenti, la richiesta da parte  dei pazienti di raddoppiare il tempo delle sedute.

Tra le dinamiche più diffuse presso i pazienti che svolgono RE emergono lo sviluppo di dedizione, attenzione, volontà e precisione già nello svolgimento delle attività a terra fino al desiderio di poter cavalcare.

Tra i benefici maggiormente riscontrati tra i pazienti rincorrono : la capacità relazionale, l’autonomia nella gestione delle esperienze ippo-terapiche, lo sviluppo della forza  muscolare e della coordinazione, l’organizzazione spazio-temporale con buon adeguamento dello schema corporeo in un ambito più ampio e relazionale, le attitudini operative e del problem solving che hanno aumentato il senso di sé, il senso d’autosufficienza e d’auto-soddisfazione.

Le osservazioni sopra elencate dimostrano la centralità del lavoro dei terapisti che devono: osservare le dinamiche del cavallo e quelle del cavaliere, considerare la situazione operativa offerta dal setting (tipo di terreno, partecipazione degli ausiliari, ecc.), predisporre le modalità  ed  il  tempo  di  ogni  intervento,  leggere  le  modificazioni  emotivo-affettive del bambino e considerare le risposte del cavallo; scegliere il cavallo adeguato per la situazione personale di ogni singolo paziente; determinare in ogni momento il tipo di applicazione pratica (velocità, intensità, complessità degli esercizi) in rapporto agli obiettivi, alle possibilità reali della coppia cavaliere-cavallo, al livello attentivo e di impegno dimostrati dal bambino; decidere se è necessario salire in groppa al cavallo insieme al piccolo paziente (anche prenderlo in braccio, se necessario, quando si tratta di bambini molto piccoli); far vivere ogni sessione terapeutica con un atteggiamento sereno, disteso, impegnato, caratterizzato da stimoli seducenti, distensivi e piacevoli, però sempre finalizzati al risultato terapeutico.

IV. Le applicazioni della riabilitazione equestre

Come già menzionato nei paragrafi precedenti, la RE può ormai vedersi come intervento complesso per la riabilitazione e, come tale, viene suddivisa in: ippoterapia area sanitaria, rieducazione e riabilitazione equestre, pre-sportiva e sportiva. L’attività equestre non è un obiettivo, né cavalcare un processo terapeutico: lo spazio terapeutico coinvolge il cavallo in una globalità che investe, oltre al piacere (ludico- ricreativo) anche altri piani (fisico e motorio, relazionale e affettivo e psichico). In questo modo, la rieducazione attraverso il cavallo è, allo stesso tempo, motoria, emotiva, affettiva e cognitiva. Il cavaliere è attivo; con i suoi atti e le sue scelte agisce sul cavallo e, così, può prendere meglio coscienza di se stesso.

Proprio per questo aspetto di recupero funzionale fisico, l’ippoterapia così descritta viene riferita come intervento medico-sanitario, ma va sottolineato il fatto che la “funzione corpo” diventa fondamentale per strutturare anche un valido senso di sé e un narcisismo secondario (capace di vaporizzare le spinte regressive del narcisismo primario).

Con queste considerazioni si può concludere che il medico e/o il fisiatra può consigliare l’uso della RE ogni qual volta osservi deficit funzionali neuromotori.

La RE è stata anche chiamata equitazione terapeutica o aspetto medico-sanitario dell’uso  del cavallo o AAT (terapia assistita con animali) con una molteplicità di obiettivi: miglioramento della mobilità articolare, dell’equilibrio, della coordinazione, del mantenimento del tronco eretto e del capo-collo, rilassamento della spasticità, controllo  delle risposte scoordinate, aumento della forza muscolare.

Sono stati predisposti protocolli di valutazione che hanno dimostrato come il trattamento combinato, consistente nell’aggiungere la TA (terapia assistita) ai trattamenti neurofacilitatori tradizionali, ha portato alla regressione parziale di una serie di quadri patologici.

Il modello terapeutico insito nell’ippoterapia non può tuttavia essere limitato agli aspetti del recupero funzionale medico-sanitario proprio perché coinvolge altri sistemi e, quindi, altre funzioni.

Tra le aree applicative della RE dal punto di vista dei risultati comprovati occorre menzionare i seguenti:

disturbi del linguaggio (dislalia semplice e combinata; balbuzie; etc.)

  • disturbi del comportamento
  • somatizzazioni ansiose collegate a disturbi sistemici
  • atteggiamenti ipocondriaci
  • cefalee reattive dell’infanzia (legate a scarsa valorizzazione del sé)
  • ritardo dello sviluppo psicomotorio
  • deficit dell’apprendimento e dell’attenzione
  • difficoltà ad accettare i limiti imposti da qualche malattia che spesso indicano anche rifiuti verso le stesse pratiche riabilitative
  • rifiuto o difficoltà nell’alimentazione (bulimia e/o anoressia)
  • difficoltà nel controllo degli sfinteri

Tutte queste reazioni psicopatologiche ricevono una notevole beneficio dalla RE proprio perché si mette in atto un processo educativo che induce:

  • miglioramento del senso personale di competenza e di efficienza fisica e/o psichica
  • ristrutturazione delle valenze adattive dell’IO
  • controllo delle crisi di ansia reattiva
  • contenimento degli atteggiamenti ipocondriaci messi in moto dalla non accettazione delle difficoltà
  • risoluzione delle difficoltà ad accettare il rapporto sociale per atteggiamenti di auto- discredito e di auto-svalorizzazione

Un aspetto saliente della riabilitazione equestre è costituito dall’intervento della terapista  che deve tenere in conto:

  • l’importanza del “presentarsi” sia con atteggiamento che come abbigliamento
  • la necessità di stabilire un buon contatto interpersonale sin dal primo incontro, attraverso un “bel sorriso” e modalità garbate ed accoglienti
  • il controllo delle dinamiche che si attivano con i genitori che accompagnano il bambino (difficoltà di distacco; invadenza o criticità nei confronti delle attività sono sempre dannosi)
  • la scelta del cavallo più adeguato per caratteristiche fisiche e temperamenti
  • l’equilibrio tra richieste e possibilità dimostrate dal paziente
  • la scelta del quantum di stimolazione e/o incitamento necessari alla determinazione degli esercizi da eseguire
  • il sostegno e supporto per il cavallo che spesso deve sopportare situazioni stressanti determinate dal peso, dalla disabilità, dal temperamento, dai conflitti dei pazienti
  • la valutazione, il più possibile scientificamente, dei risultati riabilitativi ottenuti

Il lavoro del terapeuta non è mai semplice perché, oltre allo sforzo fisico ed al dover sopportare situazioni ambientali sfavorevoli (freddo in inverno ed eccessivo caldo-umido in estate), non può mai perdere il controllo attento di tutto ciò che accade nel setting terapeutico (maneggio) ed è tenuto a decidere rapidamente i cambiamenti del programma operativo in rapporto con quanto va succedendo nel qui e ora, ad essere propositivo ed esigente in maniera adeguata e consona e a mirare sempre al miglior risultato.

Una parte essenziale della RE è costituita dal lavoro a terra e dal governo del cavallo : questa attività mira a sviluppare l’organizzazione e la coordinazione motoria, ma, soprattutto, ad arricchire l’esperienza affettiva, attraverso il rapporto con l’animale. Questa attività è stata prevista anche per poter inserire dei ragazzi che, per loro problematiche (soprattutto fisiche), non avrebbero potuto cavalcare.

L’attività svolta a terra consiste in: riassetto del cavallo, manutenzione dei finimenti e delle selle, riordino delle stalle e degli ambienti annessi, preparazione e somministrazione degli alimenti; organizzazione delle sedute di ippoterapia in tutti i suoi aspetti: organizzativi; programmatici; preparazione del cavallo con i finimenti appropriati ed anche il suo adattamento emotivo attraverso sgambature.

Tutte queste attività richiedono, da parte di chi è proposto al lavoro a terra:

  • interiorizzazione del proprio schema corporeo
  • uso preciso delle articolazioni motorie fini e complesse
  • buon senso percettivo
  • coordinazione oculo-manuale
  • spirito di adattamento
  • volontà e tenuta sui compiti
  • controllo delle idiosincrasie personali oltre che dei naturali timori nel lavoro con animali così grandi
  • sensibilità e capacità di mettersi in relazione con un altro essere vivente che ha le sue proprie caratteristiche, preferenze

Vengono richieste al paziente:

  • un processo continuo di apprendimento di modelli di movimento semplici e complessi
  • sviluppo e integrazione di funzioni percettive e neurofunzionali
  • reciproco scambio emotivo-relazionale con gli animali e con gli altri operatori
  • sicurezza di sé, volontà e tenuta sulle mansioni e sui compiti
  • rispetto e integrazione con l’ambiente e inoltre:
  • percezione e rappresentazione del proprio corpo nelle sue parti
  • integrazione delle proprie “sensazioni” con le risposte degli altri
  • sviluppo globale del proprio sistema percettivo che comprende, oltre ai cinque sensi, anche l’equilibrio e la valutazione precisa della forza muscolare e della precisione dei movimenti perché risultino “utili” ed adeguati allo scopo
  • orientamento spazio-temporale
  • capacità per la comprensione degli ordini
  • costante attenzione e capacità di reagire ai bisogni ed alle indicazioni
  • sviluppo di un sistema rappresentazionale condiviso
  • capacità di trasmettere i propri dubbi e le proprie difficoltà per poter ricevere e offrire aiuto
  • disponibilità a relazionare sui fatti e sugli accadimenti con precisione ed attenzione

Considerato sotto questo profilo, il lavoro a terra diventa una parte importante del programma riabilitativo della RE sia per quanto riguarda le disabilità fisiche che per quelle psichiche. Il soggetto posto a lavorare con il cavallo deve superare molte difficoltà  e ostacoli con un lavoro che, se da un lato può assumere aspetti ludico-ricreativi, per altro impone una completezza psicomotoria, molto equilibrio emotivo, capacità cognitive e di apprendimento, disponibilità educative.

La pulizia del cavallo comporta saper usare correttamente la striglia, la brusca, il bruscone, il nettapiedi, il pettine, la spazzola, il raschietto, l’acqua. Tutti strumenti che richiedono conoscenza, abilità, coordinazione, forza, equilibrio, precisione, ma anche un trasporto affettivo verso il cavallo, un valido senso di sé per superare paure e sensi di incapacità, una sensibilità spiccata insieme a coordinazione motoria e capacità di adattamento.

L’attività presenta molte caratteristiche di “maternage” ed è particolarmente importante per far sviluppare un senso di: adattamento, dedizione al compito e all’animale, consapevolezza di essere in grado di assolvere un compito, capacità di realizzare una “relazione” che comporta una reciproca accettazione e che, quindi, può dare un’autentica autovalorizzazione.

Sono tali e tante le difficoltà da superare in questo lavoro che preparare i ragazzi a svolgere le mansioni a volte si dimostra più problematico dello stesso andare a cavallo. Molto spesso il soggetto ha un vero terrore di avvicinarsi al cavallo ed anche solo posargli una coperta sulla groppa diventa un problema insormontabile.

Il compito del terapista non è solo di insegnare come fare, ma di aiutare a vincere riluttanze, ad aver fiducia nelle proprie capacità e nella disponibilità-accettazione del cavallo.

Evidentemente ogni gesto dell’operatore fa rinascere sensazioni e vissuti pregressi e spesso il terapeuta incontra gravi intoppi in questa attività, imprevisti blocchi e reazioni di  angoscia.

Il lavoro a terra è comunque un momento importante della riabilitazione globale che si può ottenere con il cavallo e nel maneggio, tanto da essere sempre auspicabile anche perché la stretta vicinanza con il corpo dell’animale stimola fantasie e riempie di dettagli, di precisazioni, di ricchezza verbale i racconti che i ragazzi fanno ai loro stessi compagni ed amici. In questa attività si dà anche particolare importanza alla comunicazione verbale per le possibilità legate al dover imparare le denominazioni degli attrezzi e dei gesti operativi,  oltre che delle necessità di dover relazionare su quanto si è fatto, sulle risposte dei cavalli, sulle richieste per poter eseguire con precisione il proprio compito.

Per tutto quanto detto sopra, l’esperienza della RE è vissuta come momento trasformazionale poiché è atta a sviluppare le potenzialità-qualità dei ragazzi e, quindi, a riscoprire le loro capacità funzionali nell’ordine di:

  • rilassamento e possibilità d’autocontenersi
  • affrontare senza ansie e/o tensioni problemi decisionali e di problem solving
  • rappresentare i contenuti mentali, permettendo di capire le dinamiche personali e quelle implicite nelle relazioni; saper riferire e/o drammatizzare le proprie esperienze, facilitando, quindi, l’organizzazione analitico-deduttiva
  • sviluppare tensioni immaginarie per una vita migliore, arricchita di possibilità e di pari opportunità; accettare la visibilità del sé e degli altri, senza remore egoistiche, egocentriche e/o determinate da vergogna, da falso sé, da elaborazioni fantastico-deliranti

La RE possiede dunque una funzione educativa di rilievo. Per comprendere a fondo il valore della funzione educativa, occorre fare un salto nel passato e ripercorrere l’etimologia del verbo educare.

Presso i Romani, che credevano l’immanenza del divino nella vita quotidiana (del resto questa credenza era caratteristica del mondo greco, egiziano ed ebreo), al concludere dell’allattamento materno o baliare (ai 3 anni circa), l’alimentazione del bambino restava sotto le cure di Educa, una dea minore. C’erano inoltre altre figure divine che  partecipavano alla cura del bambino (Cerina sovrintendeva alla culla, Romina all’allattamento, Statarus e Stilinus a sostenere i piedi e a dare i primi passi, Fabulinus e Farinus i primi balbettii e l’acquisizione del linguaggio, Potina per imparare a bere).

Educare quindi, per tradizione, comporta la cura per sostenere, alimentare, guidare, insegnare e, quindi, “prendere per mano”, accompagnare e, da qui, la parola educare che significa condurre fuori (e-ducere): sviluppare le proprie potenzialità.

Mentre presso i Greci la presenza della divinità era reale, presso i Romani funzionava principalmente come riferimento simbolico e, quindi, prendeva l’aspetto di consigliare agli educatori. Da questo emerge il “sapere” circa ciò che è corretto nell’attività educativa, l’idea del “buon cammino” e, soprattutto, la qualità suprema che è l’inserimento nella “cultura” che così ci fa apparire come sia pregnante l’idea della “funzione paterna” e la dinamica strutturante del “Nome del Padre”.

Noi parliamo di “educazione strutturante” quando gli interventi non sono destinati a risolvere la problematica sintomatologica, ma sono orientati alla “costituzione del soggetto”. La funzione educativa, quindi, non pretende di insegnare qualcosa in particolare, ma permette di arrivare ad articolare un linguaggio che produce “segni” e porta ad una “iscrizione”. Educare significa ridare al paziente la gioia di vivere che si fondamenta nell’auto-soddisfazione, ma anche nel senso di sé e nell’auto-valorizzazione e nell’integrazione sociale, intesa come elemento fondante della persona e della sua “umanizzazione”.

Tutto ciò significa superare i preconcetti, le inibizioni e gli atteggiamenti negativi e preclusivi che il soggetto assume partendo dalla considerazione della sua diversità, dalla disabilità e dalle fantasie suscitate dal cambiamento e/o dalla crescita. È importante sottolineare la necessità di differenziare tra “percorso terapeutico” e “percorso educativo”: non sono sovrapponibili e vanno tenuti separati per non creare problemi al paziente autistico nel suo faticoso processo di auto-identificazione e di socializzazione.

La RE si iscrive dunque in questo percorso paideutico di educazione, accompagnando il paziente in percorso di crescita, stimolando e promuovendo le proprie capacità fisiche, cognitive e relazionali.

Conclusione

Questa dettagliata esposizione sulla riabilitazione equestre ha perseguito lo scopo di evidenziare la complessità dell’approccio a questa disciplina che continua il suo iter di sviluppo intrinseco, inerente:

  • sia le concomitanze teoriche che investono la conoscenza sulle attitudini biostrutturali e istintivo-comportamentali del cavallo, per un lato, e le problematiche bio-psico-sociali dei disabili che l’utilizzano
  • sia le  implicanze  pratiche,  non  ancora  del  tutto  risolte e che interessano la preparazione degli animali per “aiutare” soggetti che, per le loro problematiche biologiche, psicologiche e psichiatriche, sono sicuramente unici e quasi incomparabili

La RE è oggetto di numerosi studi e protende alla specializzazione di problematiche neuro- muscolari, muscolo-articolare e sensoriali, le sfumature psicopatologiche che accompagnano ogni handicap fisico e le “grosse” problematiche psico-mentali che  investono i soggetti portatori di disabilità psichica.

L’approccio dello specialista con il disabile é oggi strutturato nel rispetto delle pari opportunità, nella dimensione etica del miglior risultato nel più breve tempo possibile, oltre che indirizzato complessivamente su direttrici terapeutiche, riabilitative ed educative.

Recentemente è stato discusso il termine abilitazione come se fosse più consono con il tema della disabilità. Spesso la RE si trova davanti a ragazzi che ”da sempre” dimostrano deficit e quindi bisognerebbe “cominciare da zero” perché non avrebbero mai usufruito di una “abilitazione”.

Il termine abilitazione ha però un significato prettamente “legale”: “… riconoscimento ufficiale che fa riferimento ad un documento e che attesta le capacità ed il conseguente diritto ad esercitare una professione o un’arte…”. Questa lettura legale è però ben lontana dal significato della ri-abilitazione che, per altro, non si riferisce solo al fatto di recuperare funzionalità perdute, ma anche ad acquisire e/o a far acquisire una speciale modificazione delle abilità per renderle più atte all’obiettivo e/o meno inadatte o inadeguate. Da questo punto di vista va ricordato che un aspetto della “riabilitazione globale” prevede anche il recupero o la strutturazione delle cosiddette abilità e competenze che vanno dall’autonomia personale alle abilità cognitive.

Tramite la RE si “ri-abilitano” presso il paziente abilità di base (controllo dell’alimentazione, igiene personale, controllo degli sfinteri) e abilità integranti (attitudini relazionali, attivazioni dell’espressività, mobilità corporea -abilità pedonali orientamento, attività di risocializzazione -uso dei mezzi pubblici, utilizzo dei servizi del territorio, uso del denaro, uso dell’orologio, uso del telefono, attività di supporto alla vita quotidiana – abilità domestiche, uso dell’ascensore, attività di comunicazione -verbale, non verbale-, attività di educazione -comportamenti sessuali, comportamenti problematici- attività di formazione – rinforzi efficaci-).

Proprio per questo la riabilitazione si riferisce alla disabilità che non è mancanza, ma, piuttosto, diversità, differenza, inadeguatezza (disabile = diversamente abile).

Un tale approccio oltre ad essere centrato sulla persona e non sulla disabilità o  sulla malattia, deve anche risultare globale, specifico, rispettoso e capace di salvaguardare le potenzialità personali che devono essere supportate e non soffocate da regole o imposizioni. Le capacità terapeutico-curative, siano esse classiche, rinnovative o alternative, si chiariscono anche nella loro funzione di ridurre lo svantaggio e la marginalità, oltre a permettere l’utilizzazione di tecniche e/o metodi necessari alla formazione ed a sollecitare tutte le dimensioni della persona: fisiche, emotivo-affettive, volitive, cognitive e socio- relazionali.

Un intervento olistico-integrativo come quello della RE ha come linee-guida:

  • la storicità : collegare i momenti fondamentali che coinvolgono gli interventi dei famigliari, degli specialisti e dei riabilitatori. Osservare le difficoltà di sviluppo, la diagnosi, la delimitazione dell’intervento terapeutico-riabilitativo, le valutazioni periodiche dei recuperi funzionali
  • la globalità : coinvolgimento totale della persona, tenendo conto delle risposte emotive, dei vissuti affettivi, delle elaborazioni cognitive e delle relazioni interpersonali
  • la partecipazione soggettiva: l’attivazione dei processi individuali e personali in modo che il processo riabilitativo-curativo non risulti imposto dal di fuori, ma risultato di una attivazione intima del soggetto, ripristinato nelle sue valenze di desiderio, di volontà, di partecipazione e di auto-identificazione
  • l’attivazione delle dinamiche familiari : essenziale la presenza della madre, del padre, dei fratelli e di tutte le persone che compongono “l’ambito familiare” e che devono partecipare al recupero funzionale, ma, soprattutto, al reinserimento sociale
  • l’inserimento e l’integrazione sociali: fine principale di ogni spinta terapeutico- riabilitativa o “proposito curativo”, proprio perché solo attraverso il recupero sociale si ristabiliscono quelle dinamiche che legano la persona a quelle valenze familiari, scolastiche, relazionali e di gruppo che danno senso e qualità alla vita

Il processo riabilitativo della RE nelle sindromi che interessano la paido-psichiatria si struttura ontologicamente sui concetti della ripresa dello sviluppo psico-mentale e, pertanto, segue due linee:

  • sviluppo lineare, che si basa sulla “concezione riflessa” cioè sulle dinamiche dello stimolo-risposta, riguarda specificamente i processi dell’insegnamento (“teaching”)
  • sviluppo complesso che è sostenuto dalla nascita del “desiderio” che diventa centro– motore dello sviluppo psico-mentale proprio perché “… soltanto il desiderio può indurre il nostro apparato psichico a lavorare”

Da queste considerazioni si evince la complessità che regola l’attività riabilitativa equestre.

Nel corso del presente elaborato sono state ampiamente analizzate le concomitanti che influiscono sulle relazioni incrociate tra cavallo, terapisti, genitori e cavalieri, ma occorre tenere conto anche delle implicazioni incrociate tra terapia, riabilitazione ed educazione.

Un ultimo aspetto da considerare, spesso poco valutato, è quello della “funzione preventiva” che può svolgere (e svolge quando viene applicata) nei confronti non delle disabilità, ma delle difficoltà che molti bambini e adolescenti presentano nella normale vita scolastica e/o sociale.

Molto spesso un intervento di RE viene richiesto per svogliatezza, atteggiamenti troppo infantili, disagio psichico, vergogna, difficoltà nell’integrazione di gruppo e sociale. Queste problematiche possono arrivare a condurre a diversi quadri psicopatologici (blocchi,  nevrosi, forme limite o borderline), proprio per le difficoltà esistenziali, favorite dalla complessità della quotidianità e di quella caratteristica della nostra società industrializzata e globale, che sono sicuramente espressione di:

  • aspetti regressivi della personalità
  • disorganizzazione delle strutture coesive ed adattive dell’ IO (Io-debole)
  • difficoltà nel superamento delle questioni edipiche
  • impossibilità di risolvere quei conflitti profondi ed intrapsichici che conducono alla strutturazione di meccanismi psico-mentali regressivi, dominati da sentimenti arcaici come egocentrismo ed onnipotenza

L’aumento del disagio psichico dei giovani e l’incremento delle dipendenze (alcool, fumo, stupefacenti, stimolanti i più vari, ecc.), la sempre più alta incidenza di fatti delittuosi anche gravissimi, l’atteggiamento rinunciatario ad assumere le responsabilità della vita, preferendo restare infantili e dipendenti (però sempre con un atteggiamento spavaldo da super-uomini), favorendo le funzioni regressive del gruppo o del “branco”, richiedono interventi liberatori e preventivi.

La RE (applicata in età scolare), si sta proponendo come intervento efficace anche in questo ambito e si moltiplicano le richieste di programmi formativi da coordinare con le normali attività educative della scuola.

Dall’esperienza sviluppata negli ultimi anni, soprattutto in forma individuale, si può affermare che questa pratica ha un ruolo primario e può contribuire ad un programma di prevenzione anche per i ragazzi che non presentano disabilità apparenti, ma sono  logorati da stress, “falsi ideali”, aggressività, atteggiamenti onnipotenti ed egocentrici.

I risultati ottenuti con l’applicazione della RE aprono un nuovo ambito di applicazione e studio teorico ed applicativo nell’ambito della riabilitazione :la RE e il tema della resilienza. Si tratta di valutare come questa pratica induca un cambiamento delle potenzialità resilienti, cioè come il soggetto possa acquisire capacità sufficientemente attive da permettere di affrontare situazioni di stress, di disagio, di difficoltà, di trauma acuto o cronico.

Com’è stato recentemente messo in evidenza, la resilienza non è una funzione a sé stante e più o meno organizzata e quasi automatica come la motricità, la coordinazione, la psicomotricità. In realtà si tratta di una attitudine psico-mentale organizzata sulla base di funzioni psichiche quali: senso di sé, autostima, auto-soddisfazione e atteggiamenti narcisistici.

Nell’arco della vita le modalità resilienti si vanno modificando proprio perché sono condizionate dalle funzioni psico-mentali di base (motricità, emotività, affettività, capacità cognitive, integrazione psico-sociale e relazionale) che si vanno via via organizzando. L’organizzazione psico-mentale dipende da funzioni complesse come la coscienza (concreta, affettiva, cognitiva), il pensiero (concreto, affettivo, cognitivo), il  Sé o Io-Ideale ed il Super-Io. Queste partecipano alla costituzione di tutte quelle funzioni che si coordinano per determinare le forze di contenimento, adattive e creative che, nel loro insieme, costituiscono la resilienza.

La riabilitazione equestre, condotta da professionisti specificamente addestrati e preparati teoricamente sulle componenti psicologiche, psico-dinamiche e psicoanalitiche che intervengono a condurre la terapia, può essere dunque considerata una attività psico-fisica capace di modificare e potenziare le attitudini resilienti del soggetto.

In conclusione, ritengo dunque che un programma di riabilitazione equestre costituisca una pratica utile ed efficace nell’affrontare e risolvere disabilità mentali, fisiche, cognitive e comportamentali presso pazienti affetti da tali disturbi. Ritengo inoltre che potrebbe essere benefico implementare e diffondere la pratica della RE presso centri specializzati inseriti nel contesto urbano, per poter permettere l’accesso a tali pratiche a un numero ancor maggiore di pazienti.

Photo credit: Moyan_Brenn via Foter.com / CC BY
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